HomeCultura e tradizioni giapponesi9 complementi d'arredo, mobili e accessori tradizionali giapponesi

9 complementi d’arredo, mobili e accessori tradizionali giapponesi

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Le case tradizionali giapponesi hanno vari aspetti che le caratterizzano, non solo strutturali come ad esempio i tokonoma o i tatami, ma anche legati al mobilio e agli accessori utilizzati nelle varie stanze; inoltre le abitazioni giapponesi considerano lo spazio vuoto come elemento stesso di arredamento.

Quest’ultimo concetto, che prende il nome di MA (間), proviene dal Buddismo e dal Taoismo ed è stato fortemente assimilato dalla cultura giapponese, non solo per la disposizione dell’arredamento in casa, ma anche nelle arti, nell’estetica in generale e nelle vicissitudini quotidiane.

Questo fa sì che, come l’universo sia formato per la sua quasi totalità di materia oscura (invisibile) rispetto alla materia conosciuta (visibile), così anche l’arredamento di una casa giapponese tradizionale privilegi lo spazio vuoto, o comunque lasci la possibilità di liberare spazio facilmente all’occorrenza.

Viene fatto ampio uso di materiali naturali come legno, bambù, cotone, carta e paglia così da rimanere sempre in contatto con elementi della natura; anche la componente religiosa è quasi sempre presente.

Vediamo ora alcuni tra i mobili e gli accessori tradizionali giapponesi più comuni e tradizionali, con un occhio anche al passato.

 

Futon

Il Futon (布団) è il tradizionale letto giapponese, composto da un materasso di cotone, che prende il nome di shikibuton, e da una coperta, chiamata kakebuton; viene poggiato a terra, solitamente sul tatami, ed è molto “malleabile” permettendogli di essere ripiegato per essere riposto in un armadio durante le ore diurne.

Futon

L’origine dell’idea del futon viene fatta risalire al periodo Nara, ma la loro forma ed i materiali come li conosciamo oggi sono molto più recenti e risalgono alla seconda metà del periodo Meiji.

Il materasso ha uno spessore che va dai 6 cm fino ai 9 cm e tradizionalmente è realizzato in cotone grezzo, ma lo si può trovare anche in lana ed oggigiorno in fibra sintetica o in poliuretano; la coperta, invece, quasi sempre è riempita con piume o con cotone, ma oramai le si trovano anche con poliestere.

Di solito la coperta è inserita all’interno di un lenzuolo tramite un buco sulla parte superiore; nelle strutture ricettive è anche possibile trovare un ulteriore lenzuolo posto tra materasso e piumino.

Per la sua corretta manutenzione, e per evitare la formazione di muffe e cattivi odori, il futon dovrebbe essere messo a prendere il sole più volte la settimana e sbattuto con un futontataki, così da far evaporare le goccioline di acqua che possono formarsi al suo interno durante la notte; questa procedura prende il nome di futonboshi (布団干し) ovvero “asciugatura del futon”.

Tuttavia, nei condomini e nelle città non sempre è consentito appendere all’esterno i futon, sia per decoro che per evitare incidenti (possono sempre cadere dai balconi); per questo motivo si può utilizzare un’asciugatrice elettrica per futon, che prende il nome di futonkansouki, che altro non fa che immettere aria calda nel letto.

Nel caso vogliate trasportare il futon con voi è possibile utilizzare una apposita borsa che prende il nome di futonbukuro, anche se questa pratica era utilizzata quasi unicamente in passato.

 

Kotatsu

Il Kotatsu (炬燵) è un tavolo basso ricoperto da una coperta, chiamata kotatsu-futon anche se non è un futon come descritto poco sopra, e sotto cui viene posta una fonte di calore; è il più caratteristico dei metodi giapponesi per riscaldarsi e la sua origine risale al periodo Muromachi.

Kotatsu

La versione originale del kotatsu si basava sull’irori (囲炉裏), ovvero un focolare delle tradizionali case giapponesi, formato da un buco scavato nel pavimento, al centro della sala principale della casa, in cui veniva acceso un braciere per cucinare e riscaldare la stanza; successivamente si iniziò a posizionare una coperta su di una struttura in legno posta proprio sopra l’irori, in modo da concentrare meglio il calore e trasformarlo anche in un luogo di socialità.

Nonostante la sua evoluzione, il concetto di base è rimasto identico. Oggi gli irori sono presenti solo nelle case di campagna/montagna più antiche o particolari o in alcuni ryokan e templi (dopotutto fare un buco nel pavimento ed accenderci un fuoco non è più un qualcosa di fattibile).

All’inizio del XX secolo veniva posizionato del carbone, o delle mattonelle di carbone, subito sotto il tavolo, mentre il kotatsu elettrico per la casa, con una piastra riscaldante attaccata subito sotto al tavolo, iniziò ad essere venduto in grandi quantità a partire dal 1957, quando la Toshiba mise in commercio la sua versione chiamata denki-yagura-kotatsu (電気やぐらこたつ). Inoltre le prime versioni emanavano luce bianca, il che fece pensare alle persone che non riscaldassero poi chissà quanto, per cui le vendite furono basse; quando i produttori iniziarono, anche cambiando tecnologia, a far emettere luce rossa, le vendite migliorarono notevolmente.

Esiste anche una versione chiamata kotatsu-hōsu, nata nella regione del Tohoku, ovvero un kotatsu senza piastra riscaldante al suo interno, ma alimentato da un tubo flessibile collegato ad un termoventilatore esterno.

 

Andon

Le Andon (行灯) sono lampade tradizionali giapponesi costruite partendo da una struttura in bambù o in legno e rivestite con dei fogli di carta washi; al centro è posta una candela o uno stoppino che brucia grazie ad olii o grassi combustibili (ovviamente oggi vengono usate lampadine elettriche).

Andon, lanterne giapponesi

La versione da interno più comune prende il nome di oki-andon ed è caratterizzata da 4 piccoli piedistalli per tener sollevata la lampada e da una maniglia in cima per permettere di spostarla facilmente; la zashiki-andon era la lampada da salotto mentre la ariake-andon era la versione da comodino, la cui luce veniva smorzata grazie all’ausilio di pannelli di legno incisi posti nella parte esterna.

La versione per esterni, invece, prende il nome di kake-andon e solitamente era utilizzata davanti all’ingresso delle abitazioni, per illuminare il nome del proprietario, o anche l’insegna dei negozi; inoltre, quelle utilizzate in strada erano poste in cima ad un palo in legno e prendevano il nome di tsuji-andon e tasoya-andon, queste ultime erano specifiche dei quartieri a luci rosse.

La maggiore diffusione delle lampade andon risale al periodo Edo; tra le fonti di combustibile più usate c’era l’olio di colza ma ancor di più l’olio di sardine.

Fu proprio in questo periodo che nacquero le leggende dei bakeneko, i gatti mostruosi con poteri magici che camminano su due zampe; infatti si pensa che i gatti attirati dall’olio di sardine si alzassero sulle zampe posteriori per leccarlo dalle lampade, dando l’impressione a chi li osservava da lontano di essere delle strane creature sovrannaturali.

La parola “hiru andon” è anche un detto giapponese che significa “lanterna diurna” ed è usata per indicare una persona che, al pari di una lanterna accesa di giorno, non si capisce quale sia la sua utilità e se sia accesa o spenta.

 

Zabuton e Zafu

Gli Zabuton (座布団) sono cuscini utilizzati per ammorbidire la seduta sui tatami; hanno la forma di un mini futon, da qui il loro nome, e le sue dimensioni variano anche in base all’utilizzo che se ne fa; sembra quadrato ma in realtà è sempre rettangolare, anche se i suoi lati differiscono di pochi centimetri.

Zabuton

I zabuton utilizzati durante la cerimonia del tè sono grandi 43x47cm e prendono il nome di chasekiban; altre misure sono la momenban (51x55cm, corrispondente alla taglia S), la meisenban (55x59cm, corrispondente alla taglia M) e la hattanban (59x63cm, corrispondente alla taglia L); esiste anche una versione “di coppia” chiamata meotoban dalle misure di 67x62cm.

La parte anteriore del cuscino non deve avere cuciture, rimandando le stesse tutte nella parte posteriore, e quindi non visibili a chi ne fa utilizzo. In una tipica stanza giapponese, il posto più vicino all’uscita è quello di meno prestigio, mentre quello vicino alla tokonoma è quello più importante.

Gli zabuton nella versione “doppia” sono usati anche nel Raguko (uno spettacolo che si basa sulla narrazione di un’unica persona, che seduta, per l’appunto, su un cuscino, racconta storie aiutandosi solo con l’utilizzo di piccoli oggetti, come ventagli e asciugamani) e durante i tornei di sumo, quando i lottatori sono seduti in attesa del loro turno.

Oggi, visto l’ampio utilizzo di sedie anche in Giappone, i zabuton sono meno utilizzati oppure sono stati trasformati in cuscini copri-sedie.

Gli Zafu (座蒲) sono sempre cuscini ma utilizzati principalmente per la meditazione zen; quelli utilizzati dalla setta buddista Soto sono rotondi, mentre quelli della setta Rinzai sono rettangolari; in generale, però, per quelli utilizzati nelle abitazioni si fa riferimento a quelli rotondi.

Solitamente dovrebbero avere un diametro di 35cm ed un’altezza di 20cm (anche se possono variare) e sono composti da 3 pezzi di stoffa: una per la parte superiore, uno per quella inferiore e l’ultimo per la circonferenza.

 

Kamidana

Il Kamidama (神棚) è una riproduzione di un santuario shintoista in miniatura, che viene tenuto in casa per la venerazione dei kami (ma lo si trova anche negli uffici e dei dojo).

Kamidana

Quello più utilizzato è chiamato miyagata ed è una riproduzione del Santuario di Ise; solitamente, al suo interno è conservato un talismano ofuda della divinità guardiana della famiglia e delle comunità, ma potrebbe contenerne anche altri differenti.

Il kamidana va posizionato in una zona di casa molto luminosa e ben pulita, rivolto verso est o verso sud, e posto ad un’altezza che superi gli occhi di una persona di statura media, preferibilmente all’ultimo piano dell’abitazione (se questa ha più piani). Nel caso non si abbia la possibilità di posizionarlo in alto, basta utilizzare il kanji di “nuvola” (雲) inciso subito sopra di esso.

Le offerte più comuni che vengono poste dinanzi ad un kamidana sono riso, sake, acqua e sale, ognuno su di uno specifico contenitore; prima di riporle è opportuno lavarsi le mani, il viso e la bocca e solo alla fine fare la propria preghiera, seguendo lo stesso rituale fatto nei santuari shintoisti.

Siccome il sangue e la morte sono considerate “cose impure” per lo shintoismo, bisogna evitare di pregarlo in caso di ferite o durante il ciclo mestruale; inoltre, va posto un foglio di carta washi bianco su di esso quando muore un parente o una persona cara, per una durata di 50 giorni, evitando di fare offerte e preghiere.

 

Butsudan

Il Butsudan (仏壇) è la controparte buddista del Kamidana, un tempietto/tabernacolo in legno al cui interno sono custoditi mandala e/o statue religiose e/o tavolette per commemorare i defunti, oltre a incensi, candele, campanelli e spazi dove posizionare le offerte di frutta, riso o tè.

Butsudan

Ha la forma di una piccolo armadio con due ante che vengono aperte durante la preghiera e richiuse quando non si sta eseguendo nessuna cerimonia; potrebbe anche non avere delle ante, in questo caso viene richiuso posizionandoci sopra un tessuto bianco.

Essendo parte integrande del culto dei propri defunti ed antenati, la sua presenza nella abitazioni giapponesi raggiunge percentuali che superano il 90% nelle zona rurali e di campagna, mentre si attesta al di sotto del 60% nelle città.

Nei ultimi tempi anche gli animali domestici, una volta morti ed essendo considerati parte della famiglia, possono essere “conservati” all’interno del Butsudan, ma questo non può essere lo stesso degli esseri umani, in quanto le anime delle persone e degli animali risiedono in due mondi differenti (chikushodo per gli animali e ningendo per gli esseri umani).

 

Sudare

I Sudare (簾) sono dei paravento o delle tende, ma possono essere considerate anche delle persiane, realizzati con piccoli listelli di legno o sottili canne di bambù posizionati orizzontalmente uno sull’altro e legati tra loro con spago o del filo colorato, a formare solitamente un rettangolo; i bordi possono essere rifiniti con della stoffa (un po’ come accade con i tatami).

Sudare giapponese

Lasciano filtrare leggermente la luce, attenuano il passaggio del vento, smorzano la pioggia e creano un “vedo non vedo” rispetto a chi si trova dall’altro lato; in origine, durante il periodo Heian, il loro nome era misu e venivano utilizzati come “pareti” nelle case della nobiltà, ma anche nei templi e nei santuari per indicare la separazione tra il mondo umano e quello divino; infatti ne fu vietato l’utilizzo al pubblico fino al periodo Edo.

Il sudare era anche anteposto tra l’imperatore ed i suoi interlocutori, in quanto non era consentito osservarlo direttamente; era anche un elemento obbligatorio che serviva a “nascondere” la visione delle donne di corte e gli uomini non strettamente legati alla loro famiglia.

Oggi vengono ancora utilizzati in ambito religioso, ma sono poco utilizzati nelle abitazioni, se non come arredamento di prestigio.

 

Tansu

Il Tansu (箪笥) è un baule/cassettiera che può assumere varie dimensioni e che è costruito in legno duro e morbido, con la possibilità di essere laccato ed avere intarsi in metallo sulla parte esterna; la presenza di ruote li rendeva trasportabili facilmente da una parte all’altra della casa, sia all’interno che all’esterno, oltre che durante i frequenti incendi, così da evitare di perdere le cose più importanti.

Tansu

Se nel periodo Edo erano utilizzati più dai commercianti che dalla popolazione, per riporre spezie, farmaci, tè, katane, documenti e libri contabili; dal periodo Meiji fu utilizzato sempre più anche per riporre i vestiti ed il necessario per la cucina; quest’ultima versione prende il nome di mizuya.

Ne esistevano anche versioni a gradoni, così da provvedere sia come armadio che come vera e propria scala per andare ai piani superiori delle abitazioni.

Ah avuto la sua diffusione a partire dall’inizio del periodo Edo (1688) fino alla fine del periodo Taishō (1926) ed oggi sono considerati mobili di antiquariato oltre che difficilmente trovabili in abitazioni moderne; le versioni antiche sono molto ricercati dai collezionisti.

Fabrizio Chiagano
Fabrizio Chiagano
Web Developer, UX e UI Designer. Abbastanza Nerd, appassionato di tecnologia, fotografia, cinema, documentari e marketing. Ovviamente, patito di anime, cucina e cultura Giapponese. Vivo a Milano ^_^