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Bakeneko e Nekomata: i gatti yōkai

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Nel folklore e nella mitologia giapponese i gatti possono assumere varie forme e trasformarsi in strani esseri mutaforma o dalle potenti abilità.

I due yokai dalla forma di gatto più conosciuti della mitologia giapponese sono sicuramente i Bakeneko ed i Nekomata, molto simili tra loro e facilmente “interscambiabili” ai meno esperti, ma con alcune caratteristiche peculiari.

Scopriamo insieme quali sono alcune delle storie e delle curiosità della cultura giapponese che hanno come protagonisti questi due yōkai dalla forma, e dall’origine, felina.

 

Bakeneko

Il Bakeneko è uno yōkai ed il suo nome significa “gatto mostruoso”, scritto 化け猫. Quando un gatto, non importa che sia randagio o domestico, supera una certa età oppure le sue dimensioni diventano molto grandi, tende a trasformarsi in una creatura soprannaturale, con poteri magici e con la facoltà di cambiare forma e aspetto, così come fanno i Tanuki e le Kitsune.

Bakeneko, i gatti yokai giapponesi

Inizia a camminare stando sulle zampe posteriori e più gli anni passano più diventa grande, fino ad arrivare alle dimensioni di un essere umano. Possono divorare una persona per prenderne le sembianze e mangiare cose che superano di molto le loro dimensioni; sono capaci di evocare sfere di fuoco e di appiccare incendi con la loro coda oltre che resuscitare i cadaveri appena morti per trasformarli in una sorta di zombie “alle loro dipendente”.

Inoltre, si dice che quando un gatto è vicino a trasformarsi in bakeneko, la sua coda inizi ad allungarsi di molto; una credenza che portò sempre più spesso al taglio della coda dei gatti oltre che contribuire all’allevamento più massiccio del Bobtail giapponese, una razza felina quasi completamente priva di coda. Si racconta anche che, visto che con l’avanzare dell’età i gatti tendono a diventare bakeneko, prima di allevare un gatto, il suo “proprietario” decidesse in anticipo fino a che età lo avrebbe tenuto.

Una classica raffigurazione di bakeneko è quella mentre indossa un asciugamano bianca arrotolata sulla fronte mentre balla e danza.

Sembrerebbe che la nascita della credenza dei bakeneko possa essere fatta risalire al periodo Kamakura; ma fu durante Edo che questa si affermò, quando i gatti più affamati erano propensi a leccate l’olio delle lampade, solitamente ottenuto dalle sardine; da lontano, al buio, l’aspetto di un gatto in piedi (appoggiato al palo che sorreggeva la lampada) con il viso illuminato e gli occhi che riflettevano tale luce poteva sicuramente far immaginare uno strano essere sovrannaturale.

Tra le leggende che riguardano i bakeneko, vi è quella sulle prostitute gatto di Yoshiwara, il quartiere del piacere della città di Edo, l’attuale Tokyo. Si racconta di un samurai che, dopo essere stato a letto con una famosa cortigiana, si addormentò vicino a lei. Nel bel mezzo della notte il samurai si svegliò dopo aver sentito degli strani rumori provenienti da un angolo della stanza; le flebili luci della lanterna gli mostrarono la cortigiana inginocchiata ed incurvata mentre mangiava voracemente del pesce andato a male e proiettava sui muri l’ombra di uno strano gatto. In quel momento il samurai capì di non essere andato a letto con una cortigiana, ma con una prostituta bakeneko.

Nel caso il bakeneko cambi il proprio aspetto, trasformandosi in una donna, prende il nome di “nekomusume” che può essere tradotto come “ragazza gatto” o “figlia gatto”. Tutt’oggi è molto in voga travestirsi da ragazza gatto durante i cosplay o semplicemente indossando delle finte orecchie da gatto 🙂

Un’altra leggenda narra di un uomo di nome Takasu Genbei che un giorno non riuscì più a trovare il suo gatto domestico; nello stesso periodo sua madre cambiò i suoi modi di fare: mangiava in solitudine nella propria stanza e non voleva avere più contatto con gli altri familiari; La famiglia, preoccupata ed indispettita, decise di spiarla mentre si trovava nella sua camera: videro che la donna aveva le sembianze di un mostro dalla forma di gatto e che si stava nutrendo di una carcassa di animale.

A quella vista Takasu realizzò che quella non era sua madre e la uccise; il giorno dopo il corpo di quel mostro si trasformò nel corpo del suo vecchio gatto domestico; inoltre, dopo aver rimosso i listelli di legno dal pavimento, Takasu scopri che sotto si trovava lo scheletro di sua madre, con le ossa bianche e completamente ripulite da ogni sorta di carne.

Ancora, lungo la linea della metropolitana di Yokohama, alla fermata di Odoriba, è presente una lapite commemorativa per pacificare lo spirito di un bakeneko. Molti anni fa, infatti, nei pressi di quel luogo esisteva un negozio di salsa di soia dove spesso, di notte, scomparivano i tovaglioli; una notte, il proprietario del negozio uscì, e nel camminare sentì una strana musica provenire da un luogo dove in quel momento non sarebbe dovuto esserci nessuno; andò a controllare e vide svariati gatti che ammiravano le danze del suo gatto domestico mentre indossava uno dei suoi tovaglioli bianchi sulla fronte. Il posto dove il gatto danzava prese il nome di Odoriba, ovvero “luogo danzante”.

L’ultima leggenda che voglio citare è quella associata al santuario Ōmatsu Daigongen, nella prefettura di Tokushima. All’inizio del periodo Edo, il capo della comunità del villaggio di Kamo, chiese dei soldi in prestito ad un ricco signore per cercare di salvare il suo villaggio quando i raccolti andarono male e offrì come garanzie le sue terre. Nonostante saldò puntualmente il suo debito, quel ricco signore lo accusò di non averlo pagato; poco dopo il capo villaggio mori per una malattia e quindi perse le sue terre visto il pignoramento ancora in atto.

Omatsu, la vedova del capo villaggio, sporse denuncia ma il magistrato fu corrotto e gli diete torto; a quel punto Omatsu andò a lamentarsi direttamente dal daimyo, che però non ne fu contento, e la fece giustiziare. In quel momento il suo gatto domestico rimase solo e divenne un Bakeneko (un gatto può trasformarsi anche se è molto affezionato al suo padrone, e quest’ultimo viene a mancare) per portare rovina alla famiglia del ricco signore che aveva fatto tutto quel male.

Nel santuario Ōmatsu Daigongen è stata divinizzata Omatsu, per aver sacrificato la sua vita al fine di raggiungere la giustizia, insieme al suo gatto che ha preso il nome di “Neko-tsuka” per averla aiutata nella vendetta contro l’ingiustizia. Oggi, nel santuario si dice siano presenti più di 10 milioni di statue di gatti fortunati.

 

Nekomata

I Nekomata sono degli yōkai ed hanno la stessa origine dei bakeneko, con cui molto spesso vengono scambiati, ma presentano alcune sostanziali differenze: i nekomata hanno una due code (oppure una coda biforcuta), sono molto più grandi dei bakeneko, parlano molto più fluente la lingua umana ed hanno fortissimi poteri di negromanzia ma soprattutto, sono sempre ostili e malvagi verso gli esseri umani, senza nessuna eccezione.

Nekomata, i gatti yokai giapponesi

Sono stati citati per la prima volta durante il periodo Kamakura, ma senza l’accezione di creature soprannaturali, piuttosto come grandi animali selvatici che uccidevano gli uomini che si addentravano troppo in profondità nelle montagne. Fu a metà del periodo Edo che questo yokai iniziò ad essere raccontato ed immaginato come una creatura sempre più grande, maligna e con la coda biforcuta.

Esistono tre diversi modi di scrivere la parola Nekomata, anche se la pronuncia è sempre la stessa. La più antica è猫また con il primo kanji che significa “gatto” e la parola “mata” in hiragana a seguire; 猫股 che aggiunge al kanji di gatto quello di “biforcuto”, con ovvio riferimento alla coda; l’ultimo e oggi più utilizzato è 猫又, che al kanji di gatto aggiunge quello che può essere tradotto come “di nuovo”, probabilmente nel senso di “nuova vita del gatto”, vista la sua trasformazione, o di “nuova coda del gatto”.

Nella prefettura di Toyama esiste anche la Nekomatayama (la montagna Nekomata) dove si racconta che in epoche passate vivessero moltissimi esseri sovrannaturali dalla forma felina che si trasformavano in essere umani per ingannare ed attirare a se le persone, così da poterli divorare; alcuni fanno riferimento a questa montagna come origine del nome dei gatti yokai.

Una delle legende più conosciute sui nekomata è tratta dal libro “Yamato Kaiiki” del 1708. Si racconta che nella casa di un ricco samurai si verificassero molti eventi sovrannaturali e che furono chiamati molti sacerdoti e sciamani per cercare la fonte di questi eventi, ma nessuno riuscì a trarre conclusioni; una sera, per caso, uno dei servitori più fedeli del samurai vide il vecchio gatto domestico con in bocca uno shikigami (traducibile come “spirito servitore”, una specie di famiglio evocabile con un onmyōji) con impresso su di esso il nome del suo padrone; immediatamente il servo scagliò una freccia sacra verso la testa del gatto, uccidendolo; una volta steso a terra, notarono che il gatto aveva 2 code e capirono che era lui, in quanto nekomata, a portare scompiglio nella residenza (chissà se il gatto avesse solo trovato quello shikigami e non ne fosse stato il proprietario).

Fabrizio Chiagano
Fabrizio Chiagano
Web Developer, UX e UI Designer. Abbastanza Nerd, appassionato di tecnologia, fotografia, cinema, documentari e marketing. Ovviamente, patito di anime, cucina e cultura Giapponese. Vivo a Milano ^_^