Lo Shintoismo è la principale religione del popolo giapponese ed è nativa del Giappone stesso, nata praticamente più di 2000 anni fa. La parola Shinto significa “Via degli Dei” e deriva dalle parole cinesi “shin” e “tō” che significano rispettivamente “kami” e “studio filosofico”; non ha delle scritture sacre a cui fa riferimento e non ha un vero fondatore.
Un santuario shinto identifica un’intera area, composta da molteplici edifici e diversi componenti, al cui interno viene custodita la divinità (il kami) venerato presso quel santuario, non visibile dai fedeli. Esistono diversi stili architettonici in tutto il Giappone e solitamente il kami è custodito all’interno della sala principale (la honden) anche se può capitare che la divinità sia troppo “grande” per essere custodita in un edificio, ad esempio quando questa è una montagna o un oceano, per cui alcuni santuari non posseggono una honden.
I giapponesi utilizzano la parola Jinja per identifica una santuario shintoista; questa viene tradotta in inglese semplicemente come “Shinto shrine” ma il suo significano è più intrinseco, per questo si dovrebbe preferire l’utilizzo della parola Jinja e non di una sua traduzione.
I santuari, ed i loro sacerdoti, oltre a custodire la o le divinità, hanno il compito di mostrarle alla popolazione, in determinati periodi dell’anno, durante i matsuri (i festival shinto). Esistono anche dei periodi particolari, come il capodanno, in cui i fedeli si recano in massa nei santuari per richiedere la buona fortuna e per pregare le divinità.
Oggetti tipici di un santuario shintoista
Visitando un santuario shinto potrete notare una grande varietà di sculture, manufatti e costruzioni tipiche di questi luoghi. Ognuno ha un suo significato e rappresenta una parte del culto shintoista.
Torii (鳥居)
I torii sono tra gli elementi più distintivi e caratteristici di un santuario shintoista; rappresentano il portale di ingresso del santuario e separano l’area sacra dall’area quotidiana in cui vivono le persone. Oltre che posti all’ingresso del santuario, spesso si trovano anche in prossimità dello stesso o al suo interno. Sono tradizionalmente costruiti in legno e verniciati di color rosso vermiglio e nero, ma si possono trovare anche in pietra o, più recentemente, in cemento e calcestruzzo. |
Komainu (狛犬)
I komainu sono statue in pietra che rappresentano cani da guardia, leoni o, nel caso dei santuari dedicati ad Inari, kitsune (volpi). Sono disposti sempre in coppia all’ingresso dei santuari, per tenere lontani gli spiriti maligni, ed hanno il volto rivolto l’uno verso l’altro; una delle due statue ha sempre la bocca aperta ed è chiamata “A” (la prima lettera dell’alfabeto sanscrito), l’altra ha la sempre bocca chiusa ed è chiamata “Un” (l’ultima lettera dell’alfabeto sanscrito); in rare occasioni possono esistere anche delle eccezioni in cui entrambi i komainu hanno la bocca chiusa o aperta. |
Chōzuya o Temizuya (手水舎)
Honden (本殿) e Haiden (拝殿)
Saisenbako (賽銭箱)
Kaguraden (神楽殿)
Il Kaguraden è un padiglione aperto (senza mura ma con un tetto) al cui interno si tengono danze e vari riti, come gli spettacoli del teatro Noh o le danze sacre kagura; a volte sono eseguite dalle miko del santuario, a volte da attori, geishe o altre personalità. Solitamente questi edifici sono presenti nei santuari più grandi ed importanti, come Yasaka a Kyoto o Tsurugaoka Hachimangu a Kamakura. |
Shimenawa (注連縄)
Omikuji (おみくじ)
Gli omikuji sono foglietti di carta su cui è scritta una frase della fortuna. Sono riposti all’interno di una scatoletta, solitamente fatta di bambù, e vengono dispensati uno per volta scuotendolo la scatola stessa. I messaggi sono classificati in Daikichi (grande buona fortuna), Kichi (buona fortuna), Shokichi (piccola buona fortuna), Shokyo (piccola sfortuna), Kyo (sfortuna), Daikyo (grande sfortuna). Una volta letti, i foglietti di carta devono essere annodati al ramo di un albero, o su appositi raccoglitori, sempre all’interno del santuario per fare in modo che la fortuna si avveri o la sfortuna venga scacciata. |
Ema (絵馬)
Omamori (お守り)
Gli omamori sono piccoli amuleti o talismani giapponesi, reperibili all’interno dei santuari shinto (e spesso anche nei templi buddhisti), formati da un rivestimento di stoffa colorato e decorato, al cui interno è inserito un foglio di carta, o un pezzetto di legno, su cui è riportata una preghiera. Vi sono omamori dedicati all’amore, alla fortuna, alla salute, alla finanza, allo studio e via dicendo ed hanno una durata, se così si può dire, di un anno. Inoltre non vanno mai aperti, altrimenti perderebbero istantaneamente la loro protezione. |
I sacerdoti e gli assistenti shintoisti
Il sacerdote che si occupa di gestire un santuario, di praticare il culto di un kami, di svolgere i matrimoni e di controllare la contabilità viene chiamato Kannushi, o anche Shinshoku. Per diventare sacerdote è necessario dare un esame finale dopo aver frequentato una delle università approvate dalla Jinja Honcho (l’associazione dei santuari shinto, che gestisce più di 80.000 santuari in tutto il Giappone). Non ci sono distinzioni di sesso, sia gli uomini che le donne possono diventare sacerdoti e possono tranquillamente sposarsi ed avere figli.
I kannushi indossano una serie di vestiti che derivano dagli abiti portati ai tempi del periodo Heian (794-1185) dalla corte e dalla nobiltà. Questi possono essere suddivisi in:
- Seisō: abito formale e cerimoniale utilizzato durante le cerimonie imperiali e statali.
- Reisō: abito completamente bianco utilizzato per i riti di purificazione e durante i festival.
- Tsunesō: abito informale utilizzato durante le cerimonie quotidiane.
Le assistenti dei kannushi sono chiamate Miko e sono quasi sempre ragazze di giovane età. In passato erano sempre donne non sposate e vergini, che fungevano da veicoli per le rivelazioni dei kami e per interfacciarsi con i morti; oggi una miko non ha una particolare qualifica o certificazione e comunemente sono ragazze delle scuole superiori (a volte le stesse figlie dei sacerdoti) che lavorano part-time presso i santuari occupandosi di tenere pulito il santuario, di vendere gli amuleti e di assistere i sacerdoti. In ogni caso esistono anche miko “professioniste” che svolgono quest’attività come lavoro principale.
Il vestito indossato dalle miko è composto da una gonna, o da un paio di pantaloni, di color rosso chiamata hibakama e da una tunica bianca con grosse maniche chiamata chihaya.
La pratica della purificazione
Quando si entra in un santuario shintoista è necessario eseguire un rito di purificazione prima di poter proseguire e raggiunge la sala dove pregare; questo rito è chiamato Temizu ed il suo significato deriva dalle parole “te”, traducibile come “mano”, e mizu, che significa “acqua”. Questa purificazione serve a rimuovere dalla propria persona il male e le impurità ed è obbligatoria per poter rivolgere le proprie preghiere ai Kami (gli Dei shinto).
Questa pratica si svolge in piccole strutture, situate dopo i torii di ingresso al santuario, chiamate temizuya o chōzuya, composte solitamente da una vasca in pietra riempita di acqua con al di sopra una serie di mestoli in legno da utilizzare per eseguire il rito di purificazione.
I passaggi da seguire per il Temizu sono:
- Prendere il mestolo con la mano destra e raccogliere l’acqua dalla vasca (o anche dalle fontane se presenti).
- Sciacquare la mano sinistra usando una piccola parte dell’acqua.
- Spostare il mestolo nella mano sinistra e sciacquare la mano destra con un’altra parte di acqua.
- Spostare nuovamente il mestolo nella mano destra e versare un po’ d’acqua nella mano sinistra per sciacquarsi la bocca (non bere assolutamente l’acqua direttamente dal mestolo e non sputate l’acqua dalla bocca nella vasca, ovviamente).
- Con la parte restante di acqua bagnate nuovamente la mano sinistra ed inclinare il mestolo in verticale, con la coppetta verso l’alto, in modo che l’ultima parte di acqua scorra lungo il manico, pulendolo.
- Riporre il mestolo sulla chōzuya, posizionando la coppetta verso l’alto e rovesciata.
La preghiera
Dopo aver eseguito il rito di purificazione, ci si può dirigere verso l’Haiden (ovvero la sala delle offerte), dove poter pregare ed adorare il kami del santuario. Una volta che si è giunti di fronte all’edificio, ci si dispone davanti alla saisen-bako, la scatola usata per la raccolta delle offerte.
A questo punto i passaggi da seguire per richiamare l’attenzione del kami e fare la vostra richiesta sono:
- Lancia una moneta in Yen all’interno della saisen-bako, in modo gentile e senza fare lanci strani o inopportuni. Va bene un qualunque taglio di yen, ma considerate che quella da 5 yen è considerata più fortunata delle altre, perché la sua pronuncia ricordala parola “go-en”, per l’appunto la parola giapponese per fortuna; al contrario quella da 10 yen sarebbe da evitare, in quanto ricorda la parola “tou-en”, ovvero fortuna lontana.
- Se davanti alla saisen-bako è presente una fune con campana posta in alto, scuotete la corda con un unico scossone e fate suonare la campana, così da annunciare la vostra preghiera (se non ci sono funi, saltate questo passaggio).
- Stando con il corpo dritto, fate due inchini consecutivi a circa 90 gradi.
- Battete le mani due volte, dopo averle portate all’altezza del petto, così da richiamare l’attenzione del kami.
- Tenendo le mani in preghiera, fate la vostra richiesta/preghiera.
- Fate un ultimo inchino.
Questa è la modalità più informale di preghiera shinto, che potete tenere in piena autonomia in un qualunque santuario. In realtà esiste anche un’altra forma di preghiera, chiamata Tamagushi, molto più formale e usata solitamente come ringraziamento durante i matrimoni, i funerali, il miyamairi (una specie di battesimo shintoista) e le cerimonie più importanti.
La cerimonia si tiene all’interno del santuario e si compone dei seguenti passaggi:
- Il sacerdote del santuario vi fornirà il tamagushi, ovvero un ramo dell’albero di sakaki alla cui base viene avvolto un foglio di carta o di seta o di canapa.
- Recatevi davanti all’altare del santuario ed inginocchiatevi davanti.
- Fate la vostra preghiera al kami stringendo e tenendo in mano il tamagushi.
- Dopo aver finito di pregare, appoggiate il tamagushi sul tavolino di fronte all’altare, ruotandolo in modo che il gambo del ramo sia rivolto verso l’altare e le foglie verso di voi.
- Fate due inchini profondi.
- Battete due volte le mani.
- Fate un ultimo inchino, sempre mentre siete in ginocchio.