Il bento (弁当) è un pranzo da asporto posto all’interno di una “scatola”, preparato sia in casa che comprato in negozi e ristoranti, non solo buono da mangiare (cuoco permettendo) ma anche bello da guardare; tipico della cultura giapponese.
L’ingrediente base di un bento, solitamente, è il riso a cui vengono associati ogni tipo di altro piatto, come ad esempio tempura, insalata, verdure, tsukemono, tamagoyaki, pesce alla griglia, gamberi, tonkatsu, nimono, sushi, frutta e/o dessert.
Il contenitore è parte integrante del bento; è diviso in scomparti ben definiti, ed ognuno contiene una tipologia di cibo (in base al contenuto potrebbe essere presente anche un solo scomparto).
E’ utilizzato dagli studenti delle scuole, dai lavoratori, da chi viaggia e durante eventi particolari, come l’hanami o il capodanno ed ha una storia di 1000 anni circa.
Kyaraben, i bento kawaii
La parola Kyaraben (キャラ弁) è un’abbreviazione di Kyarakuta bento (キャラクター弁当) che significa “character bento”, dove per “character” si intende un “personaggio”, che può essere il protagonista di un anime, un animale, una mascotte o una qualunque cosa con degli occhi ed una bocca che ispiri un senso di simpatia 🙂
Ha una storia recente, e nacque per trasformare un classico pranzo a sacco per i bambini in un qualcosa di divertente, che desse quel tocco in più ai più piccoli per riuscire a mangiare “senza problemi” anche verdure e altri alimenti lontano dall’idea di prelibatezza per un bambino.
Oggi, però, i kyaraben sono un qualcosa che entrato pienamente nella cultura giapponese e che ha oltrepassato i confini del pranzo per bambini; dal 2007 alcuni canali televisivi hanno iniziato a trasmettere programmi dedicati alla preparazione dei bento e dal 2017 si tengono anche concorsi nazionali. Inoltre esiste una grande varietà di libri da cui prendere ispirazione.
Tra i personaggi più classici di un Kyaraben potrei citare i polpi fatti con i wurstel, gli onigiri a forma di panda, verdure o frutta tagliate a formare un fiore, o la più recente frittatina a forma di minion; ma alla fine basta aggiungere un paio di occhi buffi e qualunque cosa diventa kawaii 🙂
Ekiben, i bento della stazione ferroviaria
Ekiben (駅弁), abbreviazione di ekibentō (駅弁当), significa letteralmente “bento della stazione ferroviaria” e, come dice la parola, altro non sono che bento venduti nelle stazioni e consumati a bordo dei treni durante un viaggio.
Gli ekiben sono un altro classico della vita di tutti i giorni dei giapponesi, anche se negli ultimi decenni, con l’abbassamento dei costi dei voli aerei nazionali e con l’aumento della velocità dei treni stessi, il consumo di questa tipologia di bento è calato notevolmente rispetto ai massimi degli anni ’80, quando alcune stime indicavano un consumo di ben 12.000.000 (12 milioni) di ekiben ogni giorno.
Il loro prezzo è abbastanza contenuto, si parte dai 500 yen per arrivare fino a qualche migliaia di yen in base alla grandezza ed qualità degli ingredienti.
Il primo ekiben mai venduto viene fatto risalire al 1885, quando nella stazione di Utsunomiya vennero venduti dei semplici onigiri impacchettati con una foglia di bambù; fu però nella stazione di Himeji, nel 1888, che venne venduta la prima “scatoletta” contenente riso e tsukemono.
Dal 1993, il 10 aprile è stato scelto come il giorno dell’Ekiben dall’associazione giapponese dei concessionari delle stazioni ferroviarie; nel 2020, invece, si è festeggiato il 135esimo anniversario di questo particolare bento.
Altri tipi di bento
Altre tipologie di bento tra quelle più conosciute sono: l’hinomaru bento (日の丸弁当) composto da una base di riso bianco con al centro un unico umeboshi (una prugna sott’aceto) a rappresentare la bandiera giapponese.
Lo shikaeshi bento (仕返し弁当), il “bento della vendetta”, che come dice il nome è preparato per vendicarsi di qualcuno; chi lo apre potrebbe trovarlo pieno di riso crudo, con cibo bruciato o con scritte “vendicative” e imbarazzanti.
L’aisai bento (愛妻弁当) non ha una composizione particolare, ma come dice il nome, si riferisce al bento preparato dalla “moglie innamorata” per il marito, ma fa riferimento anche a coppie non per forza sposate.
Il koraku bento (子楽弁当) è il bento dei picnic, è composto da più ripiani ed è di dimensioni più grandi del normale, dovendo contenere cibo per più persone; solitamente contiene cibo di stagione ed il momento in cui viene più utilizzato è sicuramente durante l’hanami.
Il Kamameshi bento (釜飯弁当) si può comprare solo in alcune stazioni e la sua particolarità è che viene venduto in una ciotola di terracotta, così che possa essere poi portata a casa e riutilizzata o tenuta come souvenir. Contiene riso, verdure e pesce o carne cotto a vapore in una pentola di ferro, il che gli conferisce un gusto tipico.
Jūbako, la scatola dei bento
Con la parola Jūbako (重箱) si identifica la scatola, il contenitore, in cui sono riposti tutti gli alimenti che compongono un bento. Il suo significato è “scatola a più ripiani” o “scatole impilata”, ed un’altra sua pronuncia, molto rara, è kasanebako.
Oggigiorno nelle stazioni e nei kombini (tipo minimarket) se ne trovano in plastica e in bambù, e sono per ovvi motivi usa e getta. Ma ne esistono di vari tipi, tra cui i classici laccati in rosso e nero utilizzati per eventi più importanti, come quelli usati per contenere l’osechi-ryōri mangiato durante il capodanno giapponese, o anche più semplicemente per contenere bento di livello più alto, comprati o serviti direttamente in alcuni ristoranti.
Durante il periodo Edo, soprattutto durante l’hanami (il periodo di fioritura), venivano utilizzati dei particolari jūbako, che fungevano non solo da contenitori per il cibo, ma contenevano tutto il necessario per godersi un “picnic” mentre si ammirava la bellezza dei fiori di ciliegio (ma anche dei pruni, dei glicini, etc.).
Inoltre quelli che appartenevano a persone facenti parte della corte imperiale o di un rango molto alto disponevano di jubako altamente artistici, con incisioni e disegni laccati, oltre che costruiti con materiali alto pregio.
Un altro metodo tradizionale per portarsi in giro un bento, tanto semplice quanto esteticamente bello, è avvolgerlo in un furoshiki, ovvero in un pezzo di stoffa utilizzato come “incartamento” del jubako.
Storia del Bento giapponese
La parola Bento è stata rivenuta per la prima volta, in documenti ufficiali, in un dizionario giapponese-portoghese, scritto in portoghese, redatto da missionari gesuiti di istanza in Giappone all’inizio del XVI secolo, durante il periodo Edo.
La definizione che questi missionari davano alla parola bento era qualcosa simile a “Una scatola per alimenti portatile, simile a una cassetta degli attrezzi, divisa in comparti, abbondante e appagante”. Nello stesso periodo comparvero anche alcune raffigurazioni, in alcuni libri, di contadini che mangiavano “palle di riso” poste all’interno di scatole accuratamente preparate per il pranzo.
Queste cosiddette “palle di riso” prendevano il nome di “Tonjiki” e nacquero nel periodo Kamakura (1185-1333); altro non erano che riso cotto al vapore che poi veniva appallottolato a formare delle specie di triangoli, e che oggi si sono evoluti fino a diventare quelli che un po’ tutti conosciamo come Onigiri.
Ma il bento moderno, molto simile per varietà e composizione a quelli odierni, ha iniziato ad essere preparato e consumato all’inizio del XVIII secolo (periodo Edo), quando iniziarono a circolare i primi libri di ricette e quando le persone iniziarono a trascorrere più tempo fuori dalle proprie abitazione non per lavoro, ma ad esempio andando nei giardini o in visita a templi e santuari.
Un’occasione particolare in cui veniva consumato il bento era durante gli spettacoli di teatro Noh e Kabuki, che quali duravano svariate ore, praticamente giornate intere; tra un atto ed un altro della rappresentazione, era diventato comune mangiare il Makunouchi (幕の内弁当), un bento composto da pesce o carne, tsukemono, uova, verdure e da riso bianco con al centro un umeboshi (pugna in salamoia); questo è considerato ancora oggi il “bento classico”.
Nel periodo Meiji (1868-1912), invece, si ebbe la nascita degli ekiben (駅弁), i bento delle “stazioni ferroviarie”, ovvero i bento che si acquistano in stazione prima di prendere un treno e che si mangiano durante il viaggio.
Oggi l’idea di Bento è diffusa in tutto il mondo, non tanto per la pratica di “mangiare a sacco”, quanto più per la sua composizione e per la modalità di presentazione del cibo, una delizia anche per gli occhi oltre che per la bocca 🙂