I Gashapon sono capsule di plastica al cui interno è contenuto un gadget e che vengono distribuite da apposite macchinette meccaniche (e più recentemente anche elettroniche) dopo aver inserito una o più monete, solitamente tra i 100 yen ed i 500 yen. La versione classica prevede che si giri una manovella per far cadere la capsula in modo causale; le versioni elettroniche fan tutto loro, ma ovviamente la causalità rimane.
Con la parola “gashapon”, o “gachapon” o ancora “gacha-gacha”, si indica sia la capsula di plastica che contiene il gadget che la macchinetta distributrice della capsula stessa. Il nome deriva dall’onomatopea del suono che viene prodotto al momento di girare la manovella del distributore, “cacha”, sommato al suono della capsule che cade, “pon”.
Non serve essere stati per forza in Giappone per poter dire di aver avuto a che fare con i gashapon; oggi si trovano praticamente in ogni parte del mondo, Italia compresa, o si possono acquistare direttamente online.
A Tokyo, però, il luogo più famoso e fornito è assolutamente Akihabara; qui è possibile trovare gachapon in ogni angolo di strada ed in ogni negozio, tematico o meno; c’è anche un famoso negozio, Akihabara Gachapon Kaikan, aperto dagli anni 2000 circa, dove è possibile trovare quasi mezzo migliaio di distributori al suo interno 🙂
Cosa contengono i gashapon?
I gashapon contengono gadget di ogni tipo e forma; più passano gli anni e più la scelta messa a disposizione dalle case di produzione vira verso ambiti abbastanza surreali 🙂
Vi possiamo trovare i classici personaggi dei videogame o degli anime e manga più in voga al momento o quelli diventati oramai pezzi da novanta grazie alla fama accumulata in passato: Sailor Moon, Dragon Ball, Pokemon, OnePiece, Doraemon, Gundam, Final Fantasy, Super Mario, e via dicendo, la lista sarebbe infinita.
Si passa poi ai gadget kawaii, come le raffigurazioni “carine carine” degli animali o le mascotte delle aziende o i loro personaggi di punta e più apprezzati: Hello Kitty, Kapibarasan, Cinnamoroll, Rilakkuma, criceti, uccellini, cani e gatti dalle espressioni e pose più variegate, animali che fanno il bagno nelle onsen.
Si continua passando per gli oggetti che rappresentano le attrazioni moderne oltre alla tradizione e la cultura giapponese: raffigurazioni della Tokyo Tower e del Monte Fuji, samurai, yokai, daruma, manekineko, torii, pagode, origami, etc.
Si attraversa un gate per una dimensione parallela fino ad arrivare a scoprire gashapon che contengono: le raffigurazioni di Godzilla e dei suoi innumerevoli nemici, insetti di ogni specie conosciuta, porcellini di terra, mutande, cacche, persone e/o animali che urinano nei bagni pubblici, parti anatomiche del corpo umano…
E si ritorna quasi alla normalità con raffigurazioni di cose da mangiare e da bere, autovetture e moto, treni, arredamento da ufficio, caricature e personaggi dei film.
Tutto quanto elencato è ancora, solamente, una piccola parte dell’ampia gamma di gashapon venduta in Giappone; la quasi totalità dei gadget sono realizzati con plastica, in un solo blocco o da montare, possono essere intesi come da esposizione o includere già un gancetto per essere attaccato allo zaino, alle chiavi o allo smartphone; una piccola percentuale può essere in stoffa, come foulard o cappellini per i propri gatti, o in altro materiale.
C’è anche un’altra considerazione da fare; quasi sempre, ogni volta che viene messa in commercio una nuova serie di gashapon, uno dei personaggi di quella serie viene distribuito in tiratura limitata; questo significa che può capitare che in un distributore di 100 capsule, solo 5 contengano quello specifico personaggio!
Questo ha fatto nascere un mercato “secondario” di vendita e acquisto dei gachapon senza passare dai distributori automatici, sia su internet che in veri e propri negozi specializzati.
Nascita e storia dei gashapon giapponesi
I primi distributori automatici a manovella presero piede rispettivamente a New York ed a Londra intorno al 1880, ed erano utilizzati per la distribuzione di caramelle e di cartoline. Da lì, pian piano, si diffusero in tutto il mondo; ma per arrivare in Giappone si dovette attendere il la metà degli anni ’60.
Il primo imprenditore giapponese ad importare un distributore a manovella fu Ryuzo Shigeta, oggi conosciuto ai più con il soprannome di “Gacha-gacha Ojisan”, ovvero “Il nonno dei gashapon”.
Il problema era che quel distributore automatico, una volta inseriti 10 yen, faceva uscire in modo random una caramella oppure un gadget di plastica, senza distinzione e spesso attaccati tra loro… non proprio il massimo.
Fu qui che il signor Shigeta ebbè l’idea di inserire ogni caramella o gadget in una sfera di plastica, così da tenerne separate il contenuto e permetterne la distribuzione in modo più elegante e pulito. Quando, il 17 febbraio del 1965, venne installato il primo distributore con le sfere di plastica davanti al negozio di Shigeta a Tokyo, nacquero i gachapon.
Negli anni a seguire ci furono varie aziende che iniziarono a produrre gadget di plastica da inserire nei distributori automatici che iniziavano ad essere sparsi in tutto il Giappone; ma, quando nel 1977, la Bandai decise di entrare in questo mercato, ci fu una vera e propria esplosione nel settore. Fu proprio la Bandai a creare il nome “Gashapon” dal precedente termine “Gachapon”. E sempre la Bandai decise che le sue capsule erano così interessanti che sarebbero state vendute anche se il prezzo proposto era di 100 yen invece che di 20 yen, come quello dei concorrenti.
Ed effettivamente, da quell’anno fino all’inizio del 2017, si calcola che siano stati venduti circa 3,4 miliardi di capsule solamente della Bandai (in realtà sono molte le aziende che negli anni e tutt’oggi continuano a produrre i gadget contenuti nei gashapon) e che oggi gestisca direttamente circa 360.000 distributori automatici in tutto il Giappone, ovvero il 70% dell’intero mercato.
Negli anni si sono verificati tre grandi boom nel mondo dei gashapon: nel 1983 con la vendita dei Kinniku Man Keshigomu, delle figure muscolose monocolore (i gusti son gusti…); a metà degli anni ’90, grazie alle versioni super deformed dei Gundam, gli SD Gundam; nel 2013, con il franchising Yokai Watch, sfociato poi in un videogame per Nintendo 3DS.
Fonte parziale: japantimes.co.jp