Le bambole Daruma

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Le bambole Daruma sono nate in Giappone nel XVI secolo, ed hanno avuto la loro prima grande diffusione nel periodo Edo durante l’ampia diffusione del vaiolo, con lo scopo di fungere da amuleto per tenere lontana questa malattia.

Anche se il vaiolo scomparve a partire dal periodo Meiji, i daruma rimasero, e sono tutt’ora, tra i portafortuna più popolari di tutto il Giappone; il loro design è un mix di vari elementi e prende la sua origine dalle legende che raccontano alcuni momenti della vita del fondatore del Buddismo Zen, che in Giappone prende il nome proprio di Bodaidaruma.

Possono avere varie dimensioni, si parte da quelle piccole che fungono da ciondoli a quelle grandi anche quanto una persona; la tradizione vuole che siano realizzare in cartapesta, ma le versioni più piccole si trovano anche in legno o in plastica o in altro materiale.

Il tempio Shorinzan Darumaji è probabilmente il più famoso dedicato ai Daruma e si trova nella cittadina di Takasaki, la stessa città dove viene prodotta la quasi totalità di bambole daruma in cartapesta del Giappone. Un altro tempio molto meno famoso, ma veramente bello e caratteristico è il Horin-ji di Kyoto.

 

Caratteristiche delle bambole daruma

Nei decenni si sono realizzati daruma di ogni forma e con strane particolarità, ma gli elementi classici che li caratterizzano sono ben distinti ed ognuno ha un significato ben preciso.

Quello più conosciuto, e probabilmente quello per cui viene comprata una bambola daruma, è sicuramente l’occhio, o meglio, gli occhi; quando li si compra le pupille non sono presenti ed il bulbo oculare è completamente bianco. Le pupille devono essere colorate di nero direttamente dal suo possessore secondo la seguente prassi: la prima pupilla (teoricamente quella alla sua sinistra) si disegna dopo aver espresso un desiderio mentre la seconda andrà disegnata quando questo si avvererà (se si avvererà).

Solitamente, come avviene anche per gli omamori e altri portafortuna, si ha un anno a disposizione perché il desiderio si avveri, passato questo periodo il daruma andrebbe riportato al tempio in cui è stato comprato per essere bruciato e purificato in un rito chiamato dondoyaki.

Un’altra caratteristica dei daruma è la loro forma; la testa ed il copro sono un unico pezzo arrotondato, quasi a formare una palla, e non sono presenti arti, né gambe né braccia; questa caratteristica viene associata alla legenda meditativa di Bodhidharma.

Inoltre, alla base della bambola viene aggiunto un peso, così da abbassarne il baricentro; questo fa sì che anche ribaltandola tornerà sempre nella sua posizione originale; un simbolismo che indica il perseverare nel voler raggiungere i propri obiettivi (o nel voler che il proprio desiderio si avveri).

Un famoso proverbio giapponese, spesso associato ai daruma, dice nanakorobi yaoki (七転び八起き) ovvero “7 volte cadi, 8 volte rialzati”.

La terza caratteristica è il disegno stilizzato delle sopracciglia e della barba: le sopracciglia raffigurano una gru mentre la barba il guscio di una tartaruga; infatti entrambi questi animali sono un simbolo di longevità, il primo si dice vivi 1.000 anni, il secondo 10.000.

Altra caratteristica facilmente distinguibile è il colore: il primo che fu utilizzato, e che tutt’oggi è il colore classico, è il rosso, ma ne esistono anche altri. Le origini sull’utilizzo del colore rosso non sono certe, alcuni studiosi riferiscono che lo si possa associare al colore delle vesti di Bodhidharma, altri al colore utilizzato come portafortuna/compiacimento per il Dio del vaiolo Hoso Kami (疱瘡神) durante le sue manifestazioni che si ebbero in Giappone e in tutta l’Asia nel periodo Edo (1603-1868).

Esistono anche Daruma con altri colori, anche se, a quanto viene indicato nel Tempio dei Daruma di Takasaki, la colorazione è solo estetica, ma non cambia il suo significato. C’è però chi ritiene che colori diversi simboleggino caratteristiche diverse, ad esempio, il Giallo per i soldi e la ricchezza, il Bianco per l’ammissione a scuole o in genere per indicare purezza, il Nero per il successo negli affari, il Blu per l’intelletto ed il successo a scuola, il Verde per il miglioramento delle proprie abilità, il Viola per la buona salute, l’Arancio contro i disastri e per chi desidera avere un bambino, il Rosa per l’amore.

Infine, sulla parte frontale del corpo, subito sotto il viso, solitamente è disegnato un kanji; quello classico è fuku (福) che significa “fortuna”, ma se ne possono trovare di altri, come ad esempio kane (金) che significa “soldi/oro”. Su alcuni daruma è possibile scriverci direttamente il proprio desiderio, su altri ancora sono presenti scritte portafortuna anche ai lati degli occhi.

 

Tipologie differenti di bambole Daruma

Raffigurazioni strane di Daruma

Oltre alle classiche bambole daruma, esistono anche raffigurazioni in versione femminile, chiamate Hime Daruma (姫達磨 ovvero principessa daruma) oppure Onna Daruma (女達磨 ovvero daruma donna) utilizzate come protezione per i bambini e per la crescita in salute delle proprie figlie.

Un’altra tipologia è chiamata Mayu Daruma (繭達磨) ed è composto da un bozzolo di seta dipinto come fosse una bambola daruma, probabilmente a simboleggiare la gravidanza, ma anche come portafortuna in quelle zone del Giappone dove è ampiamente praticata la sericoltura.

Ma fino all’inizio del periodo Meiji, i Daruma venivano raffigurati anche in forma fallica; questo non solo perché Bodaidaruma, nei dipinti classici, in posizione di meditazione zazen ed avvolto dalla testa alle ginocchia con un telo rosso assomiglia abbastanza ad un fallo, ma soprattutto perché è associato all’idea di “tornare sempre su anche dopo che si è andati giù”, come vi ho spiegato poco sopra 🙂

Quest’associazione lega i daruma anche a prostitute e cortigiane, che nel loro lavoro riescono a far ottenere ai propri clienti gli stessi effetti.

 

Come vengono costruite le bambole daruma

Come già detto, le bambole daruma sono realizzare utilizzando la cartapesta; la città di Takasaki è stata la prima a realizzarle e tutt’oggi gestisce l’80% di tutta la produzione giapponese. Esistono due metodi di realizzazione: quello più antico, usato fin dalle origini, circa 200 anni fa, e quello che fa uso di tecnologie più industriali e moderne.

Il metodo più antico fa uso di una forma in legno su cui è scolpita la figura finale della bambola daruma (esattamente come quelle che si acquistano); su di essa vengono appoggiati dei fogli di cartapesta spessi qualche millimetro, facendo in modo che aderiscano per bene a tutte le forme dello stampo in legno per tutta la sua circonferenza; quindi viene passata della cartapesta liquida per rifinirla e levigarla.

Quando la cartapesta si sarà completamente asciugata ed avrà assunto la forma del daruma, viene fatto un taglio verticale sul retro per tutta la sua altezza, così da riuscire ad estrarre la forma in legno, quindi viene “ricucito” per nasconderne il taglio.

Il metodo più moderno utilizza una tecnica di aspirazione per dare forma alle bambole. All’acqua si aggiungono vecchi quotidiani, cartoni delle uova e altri tipi di carta molto fibrosi fino ad ottenere una sostanza abbastanza liquida e melmosa.

Questa viene poi aspirata in una specie di scatola, al cui interno è presente la forma del daruma incavata; l’aspirazione della cartapesta la fa attaccare su tutta la superficie interna creando la sagoma finale; la procedura si completa immettendo aria calda nella stessa scatola, così che la cartapesta attaccata alla superficie si asciughi e mantenga la sua forma finale.

Con entrambi i metodi di realizzazione, sarà poi necessario aggiungere un peso sul fondo per evitare che rotoli e per farlo tornare alla sua posizione originale anche se inclinato, oltre ad uno strato di colla bianca, tipo vinilica, su tutta la superficie esterna in cartapesta, così da aumentarne la resistenza ed impedire che si sfaldi toccandola o con il passare del tempo.

Dopo l’asciugatura, l’ultimo passaggio è la verniciatura, di rosso o di altro colore, ed il disegno dei classici dettagli sul viso: occhi senza pupilla, sopracciglia, naso e baffi oltre al kanji portafortuna sulla parte inferiore.

 

Daruma (Bodhidharma), il fondatore del Buddismo Zen

Bodhidharma fu il fondatore del Buddismo Chán in Cina, la cui controparte giapponese è il Buddismo Zen. Chán è la lettura cinese moderna del kanji 禅; la lettura cinese antica sembra fosse Dzien ed è da quest’ultima che viene fatta risalire la lettura giapponese Zen.

Bodhidharma (菩提達摩) in Giappone viene chiamato Bodaidaruma, o in modo abbreviato, Daruma (達摩).

Ritratti famosu di Daruma

Le sue origini storiche vengono fatte risalire alla fine del V secolo ma sono frastagliate, così come la nascita della sua scuola buddista; da alcuni resoconti sembra che appartenesse alla casta indiana dei bramini (una della quattro caste della società induista, quella dei sacerdoti).

Viene raffigurato con una barba folta e trasandata, con gli occhi sbarrati e con un’espressione irascibile, pronto ad esplodere di rabbia; in Cina era soprannominato il “barbaro dagli occhi azzurri”.

La scuola Zen ha come fondamento la meditazione; infatti la leggenda racconta che il monaco Bodhidharma prediligeva meditare mentre guardava un muro; vi rimase seduto di fronte per nove interi anni, senza mai muoversi, al punto che i suoi arti caddero a causa dell’atrofia; si dice anche che ad un certo punto si addormentò, interrompendo la meditazione, e questa cosa lo fece talmente arrabbiare che si tagliò le palpebre così da non potersi riaddormentare una seconda volta.

Da questa leggenda sembra che prenda ispirazione la raffigurazione della bambola Daruma.

Un’altra leggenda racconta che dopo che si taglio le palpebre, queste caddero a terra e col tempo germogliarono, trasformandosi nelle prime di piante di tè verde; infatti il tè verde è strettamente legato al buddismo zen ed alla pratica dello zazen (la meditazione da seduto) in quanto, viste le lunghe fasi di meditazione, era necessario evitare di addormentarsi o di provare sonnolenza.

Ma la leggenda cinese racconta anche che Bodhidharma trascorse i suoi anni di meditazione al monastero Shaolin, nella provincia di Henan in Cina, dove insegnò ai monaci locali le sue conoscenze di autodifesa, di pratica yoga e di respirazione; da quelle tecniche nacque l’arte marziale del Kung Fu Shaolin.

Fabrizio Chiagano
Fabrizio Chiagano
Web Developer, UX e UI Designer. Abbastanza Nerd, appassionato di tecnologia, fotografia, cinema, documentari e marketing. Ovviamente, patito di anime, cucina e cultura Giapponese. Vivo a Milano ^_^