I Mochi sono uno dei più classici piatti giapponesi, mangiato tutto l’anno ma con una particolare frequenza durante il nuovo anno. Ne esistono varie versioni, sia salate che dolci: con marmellata, con gelato, con frutta, aromatizzati e tostati, in brodo; tutte, comunque, partono dalla stessa preparazione fatta da pochi ingredienti, ovvero una particolare qualità riso e acqua (e a volte zucchero o latte). La forma finale ha quasi sempre un aspetto rotondo o rettangolare.
Il riso utilizzato per la preparazione dei mochi è il Mochigome, una qualità particolare di riso asiatico dai chicchi fini e allungati, dal sapore abbastanza dolciastro e molto appiccicoso una volta cotto. Viene definito riso glutinoso, ma non perché è ricco di glutine, anzi, ma semplicemente perché la parola latina per appiccicoso è glūtinōsus.
Preparazione dei mochi
Per preparare i mochi è necessario mettere a bagno il riso per un tempo abbastanza lungo, sicuramente almeno una notte; questo procedimento farà ammorbidire i chicchi di riso ed espellere parte dell’amido che contengono (l’acqua infatti diventerà biancastra). A seguire il riso andrà scolato e cotto con una parte di acqua bollente finché la stessa non verrà totalmente assorbita. A questo punto si otterrà un impasto appiccicoso a cui si aggiungerà una piccola parte di farina di riso o amido di mais, che gli daranno una certa consistenza.
La preparazione tradizionale giapponese dei mochi è abbastanza particolare e richiede ampi spazi e strumenti specifici; questa cerimonia ha anche un nome specifico: mochitsuki. Il riso, dopo la preparazione iniziale, viene messo in un grande mortaio di legno chiamato “usu” e pestato con un martello, sempre in legno, chiamato “kine”. L’operazione è svolta da almeno due persone, la prima martella il composto per amalgamarlo a dovere mentre la seconda lo smuove, lo rigira e lo bagna con acqua per inumidirlo.
Negli ultimi anni è diventato famoso e molto caratteristico un piccolo negozietto di Nara, dove il proprietario prepara i mochi secondo la tradizione con un effetto scenico, e sonoro, che richiama turisti e curiosi da tutti i dintorni. Vi propongo un video a seguire che ben mostra il tutto.
In realtà, oggigiorno, i mochi sono preparati per lo più industrialmente, grazie all’aiuto di macchinari automatici (un po’ come in tutto il settore alimentare), ma possono essere preparati facilmente, e senza troppi sforzi, anche in casa. La preparazione tradizionale è destinata unicamente per cerimonie ed eventi speciali.
Tipi di mochi
Dopo aver preparato l’impasto base, è possibile realizzare vari tipi di mochi dolci, ognuno con un suo nome ed una sua caratteristica specifica. Vediamo quelli più conosciuti.
Daifuku
Il daifuku è un tipo di mochi ripieno di qualcosa di dolce; solitamente è riempito con Anko, una classica marmellata giapponese dolce fatta con i fagioli rossi Azuki, ma lo si può trovare farcito anche con Ume (un frutto giapponese simile all’albicocca, ma dal sapore aspro), crema di te macha, cioccolato o frutti vari. |
Ichigo Daifuku
Gli ichigo daifuku sono anch’essi mochi ripieni, ma all’interno, oltre ad esserci uno strato di anko, è presente anche una fragola intera. L’effetto una volta tagliato è molto scenico e lo si può trovare sia con la fragola visibile all’esterno sia completamente inglobata nell’impasto. Si mangia principalmente in primavera. |
Akafuku mochi
Gli Akafuku mochi sono un particolare tipo di mochi preparato fin dal 1707 nella citta di Ise, nei pressi del Gran Santuario di Ise. La loro particolarità è che il mochi bianco costituisce la parte interna del dolce, mentre l’anko è estrena. La sua forma rappresenta il fiume Isuzu, che attraversa Ise ed il suo Jingū, con le tre creste nella pasta esterna a simboleggiare l’acqua limpida del fiume. |
Yomogi Daifuku e Kusamochi
Yukimi Daifuku e Ice cream Mochi
Kinako Mochi
Sakura mochi
Hanabira Mochi
Il mochi di capodanno: Ozoni (o Zoni)
Una menzione speciale merita la zuppa con mochi che praticamente tutti i giapponesi mangiano la mattina del giorno di capodanno, il 1 gennaio: l’Ozoni (o anche Zoni).
Ogni regione giapponese ha la sua tipologia di preparazione, con ingredienti per il brodo differenti, e la forma del mochi rotonda o rettangolare. Le due più conosciute (come per tanti altri cubi della cucina giapponese) sono la versione del Kanto e quella del Kansai.
L’Ozoni del Kanto è composto da una zuppa di miso chiaro, salsa di soia e bonito (il pesce essiccato da cui si ricava anche il katsuobushi) ed i mochi sono rettangolari e tostati prima di essere immersi nel brodo. L’Ozoni del Kansai, invece, prevede l’uso di miso bianco aggiunto semplicemente al brodo dashi con l’utilizzo di mochi arrotondati e bolliti.
E comunque possibile aggiungere una svariata moltitudine di altri ingredienti al brodo, come pesce, frutti di mare, manzo, pollo, verdure, funghi shiitake e via dicendo, non ci sono regole ben precise da rispettare.
Curiosità sui mochi
Può sembrare strano, ma purtroppo i mochi hanno più volte provocato il soffocamento. Ogni anno in Giappone, soprattutto con l’avvento del nuovo anno, sono molte le persone che rischiano il soffocamento e addirittura, in minimi casi, la morte. Infatti la sua consistenza e la sua gommosità lo rende difficile da masticare ed appiccicoso in bocca e in gola, soprattutto per le persone più anziane. Io stesso, ed un po’ me ne vergogno, dopo averne messo uno un po’ più grosso del dovuto in bocca, ho fatto una gran bella fatica a mandarlo giù 🙂