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La letteratura classica giapponese

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La passione per il Giappone molto spesso, soprattutto in Italia, nasce attraverso i manga e gli anime. Per questo non sono molte le persone che, pur provando interesse per il Paese del Sol Levante, si sono mai avvicinate alla lettereratura giapponese. Ma anche se manga ed anime sono un buon modo per conoscere il Giappone, a volte non sono sufficienti.

I libri scritti da autori giapponesi sono un modo eccellente per avvicinarvi all’anima di questo Paese e capirlo più a fondo. La letteratura giapponese, specialmente quella classica, è un’autentica finestra spalancata sul Giappone del passato che oggi non esiste praticamente più.

La storia della letteratura giapponese è relativamente recente: pensate infatti che fino al IV sec. d.C., nella penisola dei ciliegi la scrittura non esisteva neanche. Gli ideogrammi cinesi furono introdotti dal continente asiatico insieme ad una grande quantità di altre cose (solo per citarne alcune: buddismo, confucianesimo, sistema legislativo, organizzazione statale).

Ma, dato che gli ideogrammi cinesi erano incredibilmente inadatti per scrivere in giapponese, dovettero passare alcuni secoli prima che nascesse una vera e propria letteratura giapponese.

 

La nascita della letteratura giapponese: il Man’yōshū e il Kojiki

La letteratura classica giapponese: il Man’yōshū

Il primo libro giapponese della storia è il Kojiki (711-712 ca.), o “Antichi eventi scritti”, un documento che narra la genesi delle divinità, la nascita dell’arcipelago giapponese partorito dalla dea Izanami unitasi al dio Izanagi, la nascita della stirpe imperiale.

Pochi anni dopo fu redatto anche il Man’yōshū (759-780 ca.), la prima antologia di poesie giapponesi della storia. La raccolta, a cura di Ootomo no Yakamochi, contiene circa 4.500 poesie scritte da nobili, imperatori, viaggiatori, guardie di confine, popolani e prostitute: un’opera collettiva a cui mise mano un intero popolo.

Il Man’yōshū è affascinante quanto misterioso: scritto con un sistema chiamato man’yōgana, che utilizza i kanji i modo sia ideografico che fonetico, è molto difficile da decifrare. Da fonti successive sappiamo che già all’inizio dell’Era Heian (794-1185 d.C.) alcune poesie del Man’yōshū erano ormai incomprensibili.

Non esistono fonti scritti risalenti al Giappone prima dei “toraijin”, ovvero coloro che “attraversarono il mare” portando con sé la cultura e le usanze cinesi, e non sapremo mai quale fosse lo spirito più autoctono del Giappone. Tuttavia, nel Man’yōshū si trovano anche poesie molto originali, forti, quasi primordiali. In modo particolare, le poesie erotiche sono quelle da cui traspare lo spirito più antico ed istintivo del Giappone.

«In piedi rivolta al Fiume del Cielo, sciolgo i nastri della mia sottoveste e mi preparo ad accogliere colui che m’ama e che sta per giungere»

Molto amate sono anche le poesie d’amore, come ad esempio questa di Sakanoue no Iratsume:

«Doloroso è l’amore coltivato in silenzio, come quegli himeyuri che fioriscono in segreto, sotto il fogliame rigoglioso dei campi d’estate»

Sembra incredibile che a separarci dall’amore tormentato di questa fanciulla ci siano ben 1300 anni.

E ancora, come non lasciarsi toccare dalla poesia che lo stesso Yakamochi compose all’età di 16 anni, pensando alla sua giovane innamorata:

«Sollevo lo sguardo verso lo spicchio di luna nuova… mi ricorda le incantevoli sopracciglia di qualcuno che ho incontrato una volta e mai più rivisto»

Tra le poesie più suggestive della raccolta troviamo le canzoni dei sakimori, soldati strappati a forza dalle loro famiglie e inviati a difendere le coste del Kyushu:⠀

«Ho dovuto lasciare i miei bambini, che piangevano aggrappandosi all’orlo della mia veste. Non hanno più neanche una madre…»

 

L’Era Heian e la fioritura della letteratura giapponese

La letteratura classica giapponese: il periodo Heian

La letteratura giapponese subì un cambiamento drastico nell’Era Heian (794-1185 d.C.), quando tra i nobili si diffuse l’uso dei kana (caratteri fonetici).

Le prime ad adottarli quotidianamente furono le donne, per cui era ritenuto sconveniente conoscere il cinese: è per questo che i grandi capolavori di quest’epoca furono scritti quasi esclusivamente da dame di corte. In quest’epoca nacquero anche i tre generi più celebri della prosa giapponese: il nikki (diario), lo zuihitsu (saggio) ed il monogatari (romanzo).

Anche la poesia scritta in giapponese acquistò sempre più importanza, fino a diventare parte della vita di tutti i giorni: alla corte imperiale, infatti, si componevano poesie al posto di brevi lettere, come passatempo fra amici e per corteggiarsi fra amanti. Nacque la prima antologia imperiale di poesie in giapponese, il “Kokin Wakashu”, curata dal poeta Ki no Tsurayuki, autore del seguente componimento:

«Cadono a terra senza che nessuno le ammiri: di notte, le foglie rosse nei monti inaccessibili, si sono trasformate in un tappeto di broccato»

È difficile parlare in modo esaustivo della letteratura di quest’epoca, ma senz’altro ci sono due autrici che dobbiamo nominare: Sei Shonagon e Murasaki Shikibu.

Sei Shonagon fu una dama di corte vissuta presumibilmente fra il 966 e 1025. Nonostante non fosse di rango elevato, era coltissima e aveva un vero talento nella poesia: per questo motivo, dall’inverno del 993, servì alla corte imperiale Heian come tutrice dell’imperatrice Teishi, moglie dell’imperatore Ichijo. La sua opera, le “Note del guanciale”, è considerata uno dei più grandi capolavori della letteratura giapponese. All’interno sono contenuti episodi di vita vissuta e ricordi, considerazioni sulla poesia, sulle relazioni sociali e sulle piccole cose belle della vita.

Da ogni pagina traspare il carattere forte e allegro di Sei, la sua predilezione per i giochi d’ingegno e anche la sfrontatezza con cui non esitava a rispondere a tono a persone di rango più alto di lei. Le “Note del Guanciale”, inolte, costituiscono una testimonianza preziosissima su come fosse la vita alla corte imperiale giapponese dell’Anno Mille e offre un quadro vivo e fresco di personaggi storici che furono figure chiave della politica dell’epoca.

Murasaki Shikibu (973-1014 ca. o 1025 ca.), invece, è l’autrice della “Storia di Genji“, il capolavoro assoluto della letteratura giapponese. Anche lei dama coltissima e raffinata, fu voluta dal Cancelliere Fujiwara no Michinaga come tutrice di sua figlia Shoshi, la Seconda Consorte dell’Imperatore Ichijo.

La “Storia di Genji” è un’opera monumentale di ben 54 capitoli. La trama è relativamente semplice: Hikaru Genji, un bellissimo principe nato dall’amore fra l’imperatore e la concubina Kiritsubo, rimasto orfano di madre da bambino, intrattiene numerose relazioni amorose con donne che gli ricordino la sua figura materna. Molto freudiano, non è vero?

In effetti, la “Storia di Genji” è definito come il primo romanzo psicologico della storia e ció che l’ha reso tanto celebre e amato è il modo in cui Murasaki ci ha fatto entrare nei cuori e nelle menti delle amanti di Genji, le vere protagoniste della sua opera. Attraverso la scrittura, Murasaki ha dato voce alle donne Heian, confinate all’ombra dei paraventi di bambú e ci ha regalato un capolavoro senza tempo.

Ma l’Era Heian ha dato alla luce numerosissime opere meno conosciute, alcune delle quali tradotte in italiano: fra queste ricordo la “Cenerentola giapponese”, “La storia di Ochikubo” e “Torikaebaya Monogatari”, la storia di due fratelli transgender.

Torikaebaya Monogatari è stata tradotta per la prima volta in italiano da Dafne Borracci ed è disponibile completamente gratis.
Scopri come a fine articolo!

 

L’epoca Kamakura e il “mujōkan”

La letteratura classica giapponese: il periodo Kamakura

Con l’inizio dello shogunato Kamakura e il declino della classe nobiliare, il Giappone fu sconvolto da una guerra fra clan guerrieri. Di conseguenza anche la letteratura abbandonó i toni idilliaci e raffinati della corte per le storie di battaglia dei “gunki monogatari“.

Il Paese è devastato dalla guerra e la popolazione riscopre la fede buddhista, trasformando il concetto religioso di mujōkan, il senso dell’impermanenza delle cose, in uno dei temi più ricorrenti della letteratura di questo periodo.

L’Era Kamakura è caratterizzata anche dalla nascita di una letteratura popolare: nascono le raccolte di racconti e le novelle buddhiste, e gli stessi “gunki monogatari” sono spesso tratti dalle ballate dei cantori ciechi, nate per intrattenere un pubblico umile.

Il poema di guerra più celebre di quest’epoca è “La storia degli Heike“, che narra la sanguinosa faida tra i clan samurai dei Minamoto e dei Taira. Purtroppo attualmente non c’è nessuna traduzione italiana in stampa; ma sempre Dafne ci viene in aiuto traducendoci l’incipit dell’opera, conosciutissima in Giappone:

«Nel suono della campana di Gion riecheggia l’impermanenza di tutte le cose. Il colore dei fiori di sakhua simboleggia che anche il più forte degli uomini è destinato a cadere. Neppure il ricco e potente vivrà a lungo, ma svanirà presto come il sogno di una notte di primavera. I guerrieri più potenti – anche loro – alla fine moriranno, proprio come polvere che si disperde nel vento»

Risalgono a quest’epoca anche “Tsurezuregusa” di Yoshida Kenko, tradotto in italiano come “Ore d’Ozio”, e “Ricordi di un eremo”, scritto dall’eremita Kamo no Chomei.

 

L’Era Edo e la letteratura del mondo fluttuante

La letteratura classica giapponese: il periodo Edo

L’ultimo periodo della letteratura giapponese classica è l’Era Edo (1603-1868). Infatti, tutte le opere scritte dopo la Restaurazione Meiji sono considerate letteratura moderna.

In questo ultimo periodo classico, l’editoria giapponese fece un vero boom, complici la diffusione della stampa e l’altissimo tasso di alfabetizzazione della popolazione. Pare che nelle strade di Edo (l’attuale Tokyo) non si potessero fare pochi passi senza imbattersi in una libreria.

Il re indiscusso degli scaffali era Ihara Saikaku: autore amatissimo dai suoi contemporanei, irriverente e scandaloso, con i suoi libri divenne ridicolmente ricco. Tutti provarono ad imitarlo e fu uno degli scrittori più plagiati del suo tempo.

Ihara rappresenta alla perfezione lo spirito dell’Era Edo, l’Ukiyo (il mondo fluttuante), una tendenza a godersi la vita e a lasciarsi cullare dai piaceri. Molti dei suoi romanzi sono ambientati nei quartieri a luci rosse o riportano fatti di cronaca reali che hanno come protagonista mogli infedeli, prostitute e amanti omosessuali.

Ma il romanzo non era l’unico genere in auge durante l’Era Edo: nei centri urbani come Tokyo (ai tempi chiamata Edo) e Osaka fiorirono i kabuki e le marionette bunraku, e con loro iniziarono a nascere centinaia di opere teatrali. Chikamatsu Monzaemon, lo Shakespeare di Osaka, scrisse drammi famosissimi, come ad esempio “Il doppio suicidio di Sonezaki“, ripreso da Takeshi Kitano nel film “Dolls”.

Un’altra opera teatrale molto amata dai giapponesi è il “Chushingura“, la storia dei 47 samurai senza padrone che in seguito ha ispirato film (uno degli ultimi è la versione americana 47 Ronin), fumetti e videogiochi.

 

Torikaebaya Monogatari: l’inedito in italiano

Torikaebaya Monogatari” è un romanzo scritto da un autore anonimo circa 900 anni fa, alla corte imperiale Heian. Non esiste una versione editoriale tradotta in italiano, ma Dafne Borracci lo ha personalmente tradotto e deciso di pubblicarlo gratuitamente per tutti.

La tematica è semplice quanto attuale: due fratelli, un maschio e una femmina, fin da piccoli sentono di essere nati in un corpo che non gli appartiene: la femmina vorrebbe essere un maschio e il maschio vorrebbe essere una femmina. In sostanza, “Torikaebaya Monogatari” è la storia dei primi transgender della letteratura giapponese. Il romanzo descrive le vite dolorose di Wakagimi e Himegimi, costretti a fingere davanti a tutti di essere quello che non sono, soli e schiacciati dal senso di inadeguatezza e dalla voglia di scomparire per sempre.

“Ho pensato che Torikaebaya Monogatari avrebbe saputo toccare le corde dei lettori italiani anche se è stato scritto in un tempo e in un luogo lontanissimi da noi. Le tematiche spaziano dal tema dell’identità di genere all’orientamento sessuale, passando per il difficile rapporto con i genitori, l’amore e il supporto tra fratelli, la discriminazione femminile, la depressione e lo stupro… tutti temi caldi e dibattuti ancora oggi”

La letteratura classica giapponese è una nicchia pressoché sconosciuta al lettore italiano. Questo dipende dal fatto che molte persone non ne hanno mai sentito parlare e in generale si ha la credenza che sia qualcosa di esotico e lontano, che non merita di stare al pari con i capolavori del Vecchio Continente. In secondo luogo è anche vero che le traduzioni italiane dei classici giapponesi sono fatte da accademici per accademici, e non facilitano affatto il lettore medio.

“Ho pensato che Torikaebaya Monogatari era il romanzo giusto per avvicinare i lettori alla letteratura classica giapponese, ma che poteva essere anche un’occasione per interrogarci: in 900 anni è davvero cambiato qualcosa? Per questo la traduzione pubblicata gratuitamente: dare un prezzo di copertina al romanzo ne avrebbe limitato la diffusione.”

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La newsletter di Torikaebaya è un’idea di Dafne Borracci, gestita e curata interamente da lei.

Dafne Borracci
Dafne Borraccihttps://www.instagram.com/dafneborracci/
Nata a Firenze, sin da piccola mi sono appassionata alla letteratura, all'arte e alla storia. A 21 anni ho lasciato il lavoro per realizzare un sogno: studiare letteratura classica giapponese... in Giappone! Adesso vivo a Kyoto e parlo della mia vita universitaria su instagram.