Il wasabi è una pianta perenne originaria del Giappone che nasce spontanea in alcune zone di montagna abbastanza fredde e vicine allo scorrere dei fiumi; infatti, per crescere ha bisogno di una temperatura ideale tra i 12° ed i 13° e l’acqua che la irriga deve essere pura e ricca di minerali.
Appartiene alla famiglia delle Brassicacee (a cui appartengono anche i ravanelli, la senape e la rucola) ed è chiamata sia “eutrema japonicum” che “wasabia japonica”.
Nella cucina giapponese è usato per accompagnare principalmente la soba, il sashimi, il sushi ed a volte la carne ed ha un sapore molto forte e pungente (più nasale più che orale); ed al contrario di quello che accade speso nei ristoranti europei, nella preparazione del sushi il wasabi è aggiunto direttamente dallo chef, in minima parte, tra il riso ed il pesce.
Il modo migliore per gustarlo, ovviamente, è grattugiare la radice fresca al momento; questo avviene, però, solamente nei ristoranti di un certo tipo (che comunque non significa di lusso); tutto il resto della produzione è di tipo industriale e non è vero wasabi, ma un surrogato realizzato con polvere di rafano e coloranti (naturali o meno).
Una delle proprietà del wasabi, oltre a stimolare l’appetito, è il fatto che è un antibatterico molto forte, che riesce a distruggere molti batteri che causano intossicazione alimentare, come l’escherichia coli, la salmonella e la cosiddetta “muffa nera”; questo può far capire il perché, oltre al gusto, è usato come condimento con il pesce crudo.
Inoltre è anche un ottimo antitumorale, antinfiammatorio, decongestionante nasale, previene l’artrite e l’accumulo di piastrine del nel sangue (causa di malattie cardiovascolari) ed aumenta il metabolismo; di contro, l’uso eccessivo o l’intolleranza sviluppata da alcune persone potrebbe causare diarrea o il formarsi di gas intestinali.
Coltivazione e preparazione del wasabi
Il wasabi può essere coltivato in modi differenti: interrato o direttamente in acqua. Nel primo caso, la pianta cresce sotto terra e l‘ambiente deve essere fresco e molto umido; nel secondo caso, il campo è a diretto contatto con l’acqua (un qualcosa di simile ad una risaia, giusto per dare l’idea).
Inoltre è veramente difficile riuscire a coltivarlo proprio per le peculiarità di cui necessità per crescere rigoglioso, infatti in tutto il Giappone, le aree in cui viene coltivato sono principalmente la penisola di Izu, la prefettura di Iwate, la prefettura di Nagano e la prefettura di Shimane.
Il suo costo, negli ultimi anni, è aumentato notevolmente in quanto ne è aumentata la richiesta ma la sua produzione difficilmente riesce a soddisfarla; per questo motivo quasi ovunque, soprattutto fuori dal Giappone, si usano simil-wasabi al rafano (dal gusto relativamente simile).
Il tempo necessario affinché la pianta raggiunga la sua maturità per essere raccolta è di circa 18 mesi, ma può volerci anche più tempo, fino a 3 anni; le foglie ed i fiori non hanno una vita duratura, e siccome appassiscono in fretta non entrano nel ciclo di vendita all’ingrosso, ma in loco, a volte, sono mangiate bollite o in tempura.
Un ottimo wasabi ha un colore verde brillante al suo interno, una forma cilindrica uniforme ed un gusto pungente ma con un retrogusto dolce.
La parte principale della pianta di wasabi, quella che viene commercializzata e mangiata, è il “rizoma”, ovvero il fusto della pianta che cresce interrato invece che in superficie (come avviene anche per lo zenzero, l’asparago o l’ris); per grattugiarla si usa, tradizionalmente, una oroshigane, ovvero una grattugia particolare (simile alla carta vetrata) la cui superficie abrasiva è realizzata con pelle di squalo essiccata (oggi in realtà ce ne sono anche di altri materiali).
La “piccantezza” si genera solamente quando i tessuti della pianta vendono danneggiati (grattugiandoli, per l’appunto) in modo tale da scindere la “sinigrina” (un composto chimico presente in varie piante della famiglia delle brassicaceae) in altri componenti che sono responsabili del suo gusto molte forte; infatti, mordendo il wasabi fresco ed integro, il suo sapore sarà molto diverso e per nulla pungente.
Dopo essere stato grattugiato raggiunge il culmine del suo gusto dopo 5 minuti mentre bisogna aspettare circa 30 minuti per gustarlo nel momento migliore.
Storia del wasabi
La parola wasabi è comparsa la prima volta su alcune tavolette di legno chiamate mokkan (木簡) del periodo Asuka (538-710); i giapponesi usavano queste tavolette come fogli su cui scrivere, e su una di queste sono stati trovati nomi di piante medicinali tra cui proprio “Wasabi”.
Nel periodo Heain, invece, la parola wasabi compare nel più antico manoscritto giapponese di piante officinali. Ma per parlare di coltivazione bisogna aspettare il 1600 d.C., quando nacque la città di Utogi, oggi parte della città di Shizuoka, vicino al fiume Abe; si dice che insieme ad Utogi si iniziò anche a coltivare questa pianta, che tra l’altro era molto apprezzata anche da Tokugawa Ieyasu.
Fu verso la fine del periodo Edo (1603-1868) che il wasabi iniziò ad essere consumato insieme al sushi ed al pesce crudo in generale, probabilmente perché in mancanza di refrigerazione questa pianta era rinomata per le sue caratteristiche antibatteriche.
Bisogna ancora aspettare il 1920 circa perché si arrivi a polverizzare ed essiccare il wasabi per poterlo conservare più a lungo; ed il 1970 per l’invenzione della tasta di wasabi in tubetto.