Il Kodomo no Hi è la festività giapponese dei bambini, tradotta letteralmente come “Giorno dei bambini”, che cade il 5 di maggio di ogni anno e segna la fine del lungo ponte di festività chiamato Golden Week. E’ anche un gosekku, ovvero una delle 5 festività più importanti del calendario giapponese e segna l’inizio dell’estate e della stagione delle piogge.
Anche se la pronuncia non cambia, può essere scritto in 3 modi diversi, tutti corretti, ovvero: こどもの日 , 子供の日 , 子どもの日.
E’ una festa che viene sentita e praticata in altre città asiatiche, come la Cina, Hong Kong e Taiwan.
Storia e origine
Si presume, anche se non si ha la certezza, che iniziò ad essere festeggiato durante il periodo Asuka dell’imperatrice Suiko (593–628 d.C.), il 33esimo imperatore del Giappone e la prima donna ad essere imperatrice (su un totale di 8 fino ad oggi).
A seguire, durante il periodo Nara, quando in Giappone si utilizzava il calendario lunare, il giorno in cui si festeggiava il Kodomo no Hi venne indicato come il quinto giorno del quinto mese dell’anno ed il suo nome divenne “Tango no Sekku”.
Era noto come la festa dei ragazzi (maschi) e dei loro padri, in quanto le ragazze festeggiavano (e continuano a farlo) l’Hinamatsuri il 3 marzo; ma il suo nome cambiò nel 1948, quando il governo decise di trasformare questa giornata in una festività nazionale per celebrare tutti i bambini, a prescindere dal loro sesso; fu quindi rinominato in “Kodomo no Hi” in modo ufficiale.
Era anche noto come shōbu no sekku, ovvero festa degli iris.
I Koinobori
Durante la festività del Kodomo no Hi c’è l’usanza primaria di “stendere al vento” i Koinobori, ovvero delle raffigurazioni di carpe Koi realizzate in stoffa, ma anche in plastica o carta o altro materiale, ed appese ad un’asta in modo che il vento le faccia muovere simulando il loro nuotare nelle acque dei fiumi.
La koi è un animale forte, così pieno di energia da riuscire a contrastare i flussi controcorrente dei fiumi e delle cascate; questa sua determinazione rappresenta il coraggio e la forza di volontà nel raggiungere obiettivi di alto valore.
Per questo motivo i genitori dei bambini festeggiati appendono fuori di casa i koinobori, una per figlio, più una nera per rappresentare il padre ed una rossa per la madre, per omaggiarli e per incoraggiarli nelle loro “grandi scelte future”.
C’è anche una leggenda cinese della dinastia Han che racconta di una carpa koi dorata che dopo aver risalito una cascata situata alla fine del Fiume Giallo si è trasformata in un drago.
Sembra che questa tradizione risalva a molti secoli fa, quando i samurai usavano in battaglia degli stendardi che svolazzavano al vento; con tempo questi vessilli si trasformarono negli attuali Koinobori; le famiglie più importanti e famose vi hanno anche il proprio stemma familiare disegnato sopra.
Esiste anche una canzone chiamata proprio Koinobori, che viene cantata dai bambini e dai loro genitori durante il Kodomo no Hi; la canzone è stata scritta da Miyako Kondō e recita così:
Più alti dei tetti ci sono i koinobori
La grande carpa nera è il padre
Le piccole carpe dorate sono i bambini
Sembra che si divertano a nuotare
Yane yori takai koi-nobori
Ōki na magoi wa o-tō-san
Chiisa na higoi wa kodomo-tachi
Omoshirosō ni oyoideru
やねより たかい こいのぼり
おおきい まごいは おとうさん
ちいさい ひごいは こどもたち
おもしろそうに およいでる
Kintarō e i kabuto
Un’altra usanza durante in Kodono no Hi, per chi ha figli maschi, è quella di esporre in casa dei kabuto e delle bambole raffiguranti Kintaro, al fine di augurare ai propri figli di crescere forti, coraggiosi e combattivi.
Il kabuto è l’elmo usato dai samurai di alto rango; insieme alla corazza era l’elemento che più caratterizzava l’intera armatura, aveva forme uniche e particolari che servivano sia a dimostrare l’importanza ed il rango di chi lo indossasse sia, più semplicemente, per permettere all’esercito di riconoscere facilmente, a distanza, il loro comandante durante le battaglie.
Ovviamente quelli che vengono esposti oggi durante la festa dei bambini sono solamente rappresentazioni; possono anche essere accompagnati da altri “elementi di guerra”, come intere armature in miniatura, raffigurazioni di cavalli e katane.
Le bambole di Kintaro, invece, sono raffigurazioni di un personaggio mitologico del folklore giapponese, per l’appunto “Kintarō”; quasi sempre è raffigurato mentre cavalca una carpa, o comunque con una carpa sottobraccio o vicino a lui a dimostrare ancora di più la sua forza e coraggio; a volte con anche il kabuto in testa o in mano.
Kintarō è rappresentato come un bambino dalle guance paffute e dalla forza spropositata, che cavalcava orsi invece di cavalli e che faceva amicizia con gli animali della foresta dove viveva, il Monte Ashigara; le leggende sono varie, ma una di essere afferma che era figlio della principessa Yaegiri che morì dopo averlo fatto nascere nella foresta; fu trovato e cresciuto da Yamamba, una strega (Yōkai) delle montagne con lunghi capelli arruffati ed un kimono stracciato che si nutre di carne umana.
Sembra anche che la legenda di Kintaro, in realtà, sia basata sulla vita di Sakata Kintoki, un guerriero del periodo Heian al servizio del samurai Minamoto no Yorimitsu, famoso per le sue grandi abilità di combattimento.
Kashiwamochi e Chimaki
I Kashiwa mochi è un tipo di mochi giapponese bianco con all’interno l’anko, la pasta di fagioli rossi, e che viene servito all’interno di una foglia di Kashiwa, ovvero una foglia di quercia.
Una caratteristica della quercia è quella di perdere le proprie foglie più vecchie solamente quando sta per nascerne una nuova per sostituirla; avvolgere i mochi all’interno di questa foglia, quindi, è simbolo di prosperità.
L’origine del Kashiwamochi risale al periodo Edo e si sviluppa soprattutto nella parte ovest del Giappone, dove c’è una più sostanziosa presenza di querce; nella parte est, invece, essendo l’albero di quercia meno diffuso, è tradizione consumare i chimaki.
I Chimaki sono dei fagottini preparati con riso glutinoso cotto a vapore e zucchero, pressato ed avvolto in un foglia di bambù, quindi ricotto nuovamente a vapore.
L’origine dei Chimaki è cinese (zongzi) ma fu importato in Giappone tra il periodo Nara ed il periodo Heian; a quei tempi il riso veniva avvolto nelle foglie di chigaya, una graminacea del sud-est asiatico (anche se oggi è presente in quasi tutti i continenti), da qui il suo nome chi-maki, ovvero “avvolto nella chigaya”. Negli anni a seguire, però, si iniziò ad usare le foglie di bambù in quanto più resistenti.
Shobu-yu
Durante il Kodomo no Hi è anche tradizione fare il bagno ai bambini in acqua calda nella quale sono state adagiate delle foglie di Iris, che in giapponese si chiama shōbu, per l’appunto.
Come detto in precedenza, in passato questa festività era nota anche con il nome di shōbu no sekku, ovvero “festa degli iris”; nei secoli a seguire, anche se il nome è cambiato, questa tradizione è rimasta abbastanza vivida.
Le piante di Iris contengono un olio essenziale molto profumato, usato in medicina per alleviare il mal di schiena, che dai tempi antichi si crede serva anche a scacciare gli spiriti maligni; quindi, al fine di augurare una lunga vita ed una buona saluti ai propri figli, in questo giorno i genitori fanno fare un bagno in acqua calda e foglie di iris ai propri figli.
Inoltre, le foglie di iris hanno una forma che ricorda molto le katane dei samurai, quindi un augurio per i figli maschi di cresce sani e forti come i samurai.