La città incantata, di Hayao Miyazaki e dello Studio Ghibli, è tra i film di animazione più famosi e conosciuti al mondo, campione di incassi nei cinema giapponesi con 240 milioni di euro, superato solamente nel 2020, dopo 19 anni, dal film “Demon Slayer: Il treno Mugen”; ha vinto il Premio Oscar per il miglior film d’animazione nel 2003 e l’Orso d’Oro del cinema di Berlino nello stesso anno, oltre a decine di altri premi e nomination.
La storia racconta di Chihiro, una bambina di 10 anni che, insieme ai genitori, si ritrova in uno strano luogo dalle sembianze di un parco divertimenti che in un primo momento sembra abbandonato ma in cui, poi, vengono rinvenuti piatti e cibi di ogni tipo appena sfornati. I genitori di Chihiro iniziano a mangiare a più non posso, pensando di poter pagare il conto appena si fosse fatto vivo qualcuno, ma nel frattempo vengono trasformati in dei maiali.
Nel contempo cala la notte e le taverne iniziano ad accendere le luci e ad aprire agli avventori, che però non sono esseri umani ma spiriti e divinità; Chihiro, sopraffatta dalla paura di quel luogo e dall’aver visto i propri genitori trasformati, scappa, ma incontra subito Haku, un ragazzo che l’aiuta e le spiega cosa fosse in realtà quel luogo e come fare per rimanere in vita in quel mondo parallelo e sovrannaturale.
La storia continua, ma non starò qui a raccontarvi tutta la trama; dando per scontato che abbiate già visto La città incantata (e quindi non ci siano possibili spoiler), in quest’articolo voglio provare ad associare alcune figure/personaggi che compaiono nel film con la loro controparte nel folklore e nella mitologia giapponese. Miyazaki non ha mai spiegato approfonditamente dove ha tratto ispirazione per le sue realizzazioni, quindi molto è solamente frutto di ricerca da parte di fan ed appassionati.
Yubaba e Bō
Ne La città incatanta, Yubaba è una strega anziana, proprietaria della onsen dove gli essere sovrannaturali vanno a rilassarsi, che rubando il nome alle persone, li trasforma in suoi servi; Bō, invece, è un bambino gigante che vive isolato dal mondo e protetto da sua madre, per l’appunto Yubaba.
Questi due personaggi possono essere associati, in modo quasi certo, ai personaggi della mitologia giapponese che prendono il nome di Yama-uba e Kintaro.
Yamauba è uno yokai femminile, dall’aspetto trasandato e anziano, con capelli spettinati e di un colore bianco-dorato, che vive isolata sulle montagne e mangia carne umana. Esiste anche un’altra associazione, che la collega a Baba Yaga, sempre una strega ma facente parte della mitologia slava.
Kintaro è un orfano dalla forza sovraumana, trovato e cresciuto da Yamauba (in alcune varianti della leggenda, fu la stessa Yama-uba a farlo nascere), scontroso con gli altri perché cresciuto praticamente sempre da solo sui monti.
Kintaro è associato a molte storie, leggende, manga e videogame in Giappone e le sue statue sono esposte durante la festività dei bambini, che prende il nome di Kodomo no Hi.
Haku
Haku ha l’aspetto di un ragazzino un po’ più grande di Chihiro, indossa un vestito bianco/celeste ed è al servizio di Yubaba; anche lui non ricorda più il suo nome, in quanto gli è stato rubato da Yubaba, per cui non sa più chi è in realtà.
Sarà Chihiro, alla fine del film, che ricorderà di averlo già incontrato quando era più piccola e gli svelerà il suo vero nome, facendo sì che riacquisti la memoria. Haku, infatti, è un drago ed è lo Spirito del fiume Kohaku.
I draghi sono una parte fondamentale della mitologia giapponese, basti pensare che il Drago Ryujin, il Dio del mare, è un antenato del primo imperatore del Giappone.
In questo caso, Haku viene associato al drago-serpente Mizuchi, un’antica divinità dei fiumi e dell’acqua ed una creatura leggendaria citata sia nel Nihon Shoki (il secondo libro più antico del Giappone) che nel Man’yōshū (la più antica collazione di waka giapponesi).
Kamaji
Kamaji è l’addetto alla caldaia e colui che si occupa di inviare l’acqua “speziata” alle vasche termali su richiesta dai clienti o degli addetti alle onsen. Lavora e vive nei sotterranei ed ha l’aspetto di un ragno umanoide; ha 2 gambe e 6 braccia, per un totale di 8 arti, dei grandi baffi ed un paio di occhiali neri rotondi imitano perfettamente le caratteristiche un ragno.
Nel folklore giapponese, esistono degli yokai dalla forma di ragno, di dimensioni giganti e dall’aspetto demoniaco, che prendono il nome di Tsuchigumo, che può essere tradotto come “ragni di terra”; riescono a catturare le loro prede, solitamente esseri umani, grazie all’inganno ed ai loro poteri illusori.
Questi yokai, storicamente parlando, vengono anche associati ad una popolazione autoctona del Giappone centrale, che nei racconti più antichi, come il Kojiki, sono indicati come una popolazione barbara e violenta, con la caratteristica di avere lunghi arti; da qui il loro soprannome dispregiativo di tsuchigumo. Questo stesso soprannome sembra che venisse anche dato a tutte quelle popolazioni disprezzate, per vari motivi, dalla Corte Imperiale.
Shikigami
C’è una scena ne La città incantata in cui dei foglietti di carta ritagliati, a forma di essere umano, volano in aria inseguendo e ferendo Haku, mentre quest’ultimo ha assunto la sua forma di drago. Chihiro cerca di aiutarlo chiudendo fuori dalla finestra questo gande ammasso di foglietti volanti, ma alcuni riescono ad entrare, ed uno si essi si attacca alle spalle di Chihiro.
Nella cultura giapponese, lo shikigami è l’evocazione di uno spirito da parte di un onmyoji, che tramite la pratica dell’onmyōdō (una divinazione basata sulla filosofia cinese dei 5 elementi e dello yin e yang) riesce a richiamare nel mondo terreno una specie di famiglio, che eseguirà gli ordini che gli vengono impartiti.
Possono essere sia solo spirito, quindi invisibili, sia “possedere” un pezzo di carta dalla forma stilizzata di un essere umano; la loro forza dipendete dalla forza magica del loro evocatore, anche se nella forma cartacea sembra abbiano meno potere della forma spiriturale.
Kashira
Un personaggio, o meglio tre personaggi, che compaiono in vari spezzoni de La città incantata sono le teste verdi al servizio di Yubaba, che saltellano qua e là, rotolano e si impilano una sull’altra; hanno dei grandi occhi che sembrano uscire fuori dalle orbite, barba, baffi e folte sopracciglia. La parola giapponese Kashira significa proprio “testa”.
Questi tre strani esseri ricordano moltissimo uno yokai che prende il nome di Tsurube Otoshi e che ha la forma di una testa umana molto più grande del normale, che vive di vita propria senza un corpo associato, grande fino anche a due metri di larghezza.
Sono rappresentati anch’essi con barba e baffi folti, ma vivono sulle cime degli alberi, solitamente nelle foreste, e si nutrono di carne, anche umana; si lasciano cadere a peso morto a terra, schiacciando la loro preda per poi divorarla.
I tre kashira, però, sembrano ricordare molto anche le bambole daruma, sia per la grandezza delle loro pupille, che per la villosità del viso, oltre alla loro forma ed al fatto che nonostante ruotino tornino sempre nella loro posizione verticale.
Altri spiriti e yokai
In tutto il film de La città incantata compaiono moltissimi riferimenti al mondo mitologico giapponese, alcuni si vedono per più tempo ed in più scene, altri fanno solamente piccole apparizioni di pochi secondi. Alcuni di questi possono essere associati a:
Lo spirito del ravanello ha l’aspetto di un unomo-ravanello che ricorda un lottatore di sumo. In giapponese viene chiamato Oshirasama, che è un kami (una divinità shintoista) dell’agricoltura venerato nella regione del Tohoku. Questa divinità, nella realtà, non assomiglia ad un ravanello ma è rappresentato con due bambole ricavate da un pezzetto di legno di gelso.
I Namahage hanno l’aspetto di un Oni (un demone giapponese) e sono parte del folklore giapponese nella penisola di Oga e nella parte nord dell’Honshu; in passato erano considerati divinità “straniere” che arrivavano con l’anno nuovo per portare doni e far sì che le persone fossero rispettose.
Gli strani spiriti che compaiono all’inizio de La città incantata indossano una strana maschera di carta con dei disegni neri. Questa maschera fa parte del Bugaku, un’antica danza legata alla corte imperiale giapponese, praticata durante alcuni eventi, come quelli tenuti al Kasuga Taisha di Nara o al Shitennō-ji di Osaka.
Infine, c’è un strano Spirito che compare solamente per pochi secondi; è inquadrato di spalle, ha un secchio di legno in testa ed ha alcuni Ofuna attacchi sulla schiena riportanti il mantra “Namu Amida Butsu”. I fedeli buddisti della Terra Pura intonano questo sutra per la liberazione dalla sofferenza ed per una morte pacifica e che porti alla salvezza. Questo stesso ofuna è anche utilizzato per allontanare gli spiriti che infestano un determinato luogo, così da liberarlo. Quindi, probabilmente, quello nel film è uno spirito che infesta qualche luogo particolare.